mercoledì 22 agosto 2012

OT: filosofia dei grandi sistemi. Ovvero, proviamo a non buttare via il bambino insieme all’acqua sporca.


L’altro giorno leggevo, complice l’ennesimo articolo assurdo sul Fatto Quotidiano, un simpatico mini-dibattito su Facebook sui massimi sistemi italiani, piccolo siparietto del modo di fare dibattito del nostro straordinario popolo.

L’autore del post dapprima premetteva di non essere esperto di economia, poi pontificava sull’auspicabilitá di fantomatiche economie a crescita negativa; auspicabili in quanto rispettose dell’ambiente e garanti di un ipotetico mondo perfetto in cui serve sempre meno energia invece che sempre di piú. Seguiva un match serrato tra “crescitisti” e “decrescitisti” con l’immancabile tendenza a buttarla in politica da entrambe le parti.

Cominciamo dai filosofi dei massimi sistemi, capaci di cavillare sulle nuvole di fumo in totale disarmonia con la realtá dei fatti. Il nostro sistema economico basa la propria esistenza e prosperitá sulla crescita; la spinta stessa a lavorare arriva dall’ambizione dell’Uomo a crescere ed ottenere sempre di piú. Questo sistema non é certamente perfetto ed ha i suoi bravi difetti: mette a dura prova, sempre di piú, la disponibilitá di risorse di questo pianeta, invoglia all’inquinamento senza ritegno e richiede intelligenza per potersi sposare con l’etica. Tuttavia, al momento é l’unico sistema che funzioni veramente e che permetta, se applicato con cervello, lo sviluppo e la prosperitá del genere umano. Porre dei limiti invalicabili a questo sistema é semplicemente impossibile, equivale a tarpare le ali al genere umano, eliminare ció che lo spinge e lo motiva a vivere. Secondo me, non sará mai applicabile, poiché l’Uomo per sua natura supera i propri limiti o muore nel tentativo.

Ma proviamo per un istante a considerare l’ipotesi di applicare seriamente il modello della decrescita all’economia reale. Uno dei tanti effetti di un sistema in decrescita sarebbe la sparizione della maggioranza delle professioni. Tanto per fare un esempio, un’azienda fa ricerca, progettazione, mantiene un’assistenza e un settore vendite solo ed esclusivamente perché il mercato chiede innovazione e miglioramento continuo. Se il mercato decresce, chiede sempre meno invece che sempre piú, dunque tutto ció non serve a nulla: si puó tranquillamente vendere lo stesso prodotto all’infinito, anzi se ne venderá sempre meno e si dará lavoro a sempre meno persone. Dunque disoccupazione crescente, soprattutto per chi é istruito e cerca un lavoro degno di quanto ha studiato.

L’Italia, dal canto suo, é un mirabile esempio di questo tipo di effetto: dagli anni ’80 del secolo scorso, durante i boom economici mondiali ha fatto crescite da pochi punti percentuali, mentre da ormai parecchi anni siamo sostanzialmente fermi. Dal 2009, con la crisi mondiale, il sistema Italia é in recessione, cioé in decrescita costante. Il bel risultato ce l’abbiamo tutti davanti agli occhi e corrisponde straordinariamente a quanto detto sopra: 36% (fonte La stampa di qualche mese fa) di disoccupazione giovanile, soprattutto nelle professioni qualificate, investimenti nulli e in massima parte negativi (cioé risparmi) da parte delle aziende, che tagliano per sopravvivere e in tal modo spingono ulteriormente per la decrescita. Zero investimenti anche nell’innovazione, che porterebbe anche una maggiore efficienza energetica, a tutto vantaggio per esempio dell’ecologia. É davvero questo il mondo perfetto, ecologico ed etico che questi signori propugnano?

É affascinante vedere come molta gente si perda dietro il principio meraviglioso e luccicante del mondo perfettamente ecosostenibile e non si ponga nemmeno il problema di applicarlo alla realtá.

Altro discorso merita il capitalismo etico/responsabile. Ancora una volta, i filosofi dell’etica pontificano sul sistema da buttare via, il consumismo non puó essere etico né ecosostenibile per definizione, occorre ribaltare tutto, per fare cosa non é dato a sapere.
Personalmente, osservando la realtá che mi circonda, sono giunto a questa conclusione: il capitalismo puó benissimo essere ragionevolmente etico ed ecosostenibile, basta saperlo applicare con intelligenza. Il che rende piú competitivo il sistema, non meno.

Un esempio di etica: in molte aziende estere é il management a spingere per la “Health and Safety” e per la soddisfazione del lavoratore. Perché un lavoratore soddisfatto e in salute rende di piú. Non solo, ma un lavoratore formato dall’azienda (o da una nazione!), ed in essa integrato da anni, é una risorsa preziosa, da non lasciare andar via per insoddisfazione o scarsa remunerazione. Il lavoratore poi, va pagato a sufficienza per poter a sua volta consumare i beni prodotti o servizi dalla sua stessa azienda, il che garantisce un buon livello di benessere a lui e prosperitá all’azienda (questo lo diceva anche H. Ford un secolo fa). Solo intelligenza, senza bisogno di cambiamenti epocali nel sistema capitalistico. Senza contare che la corsa all’accaparramento delle risorse é in buona parte figlia del fatto che, in Italia, ció cui si ha semplicemente diritto raramente viene concesso senza dover urlare, dare spintoni e prevaricare altri.

Un esempio di ecosostenibilitá: in molte aziende, invece di fare proclami roboanti e slegati dalla realtá sulle fonti di energia da impiegare, ognuno fa quel che riesce per differenziare i rifiuti, ridurre gli sprechi di energia ed investire sulla ricerca per migliorare ulteriormente. Piccoli passi concreti, che i nostri filosofi della montagna sacra non riescono nemmeno a concepire, impegnati come sono a scannarsi sulla maniera piú utopisticamente adeguata per buttare via il bambino con l’acqua sporca.

Per concludere, il mio punto di vista sulla faccenda é questo: il capitalismo ha i suoi difetti, molto spesso originati dalla cecitá di chi vuole spingerlo all'estremo. Forse peró, invece di perdersi a filosofeggiare su sistemi economici ipotetici e mai provati, converrebbe fare passi concreti per migliorare questo. La parola ai commenti.

2 commenti:

  1. Concordo appieno con te Paolo quando denunci questo "riempirsi" la bocca da parte di profani con la pretesa di rendere un dibattito tanto importante come quello sull'energia una questione politica. Personalmente mi sono stufato di non poter intavolare una discussione ad esempio tra persone pro nucleare e contro (per la cronaca, scusa il mio commento avvelenato ma ormai certe discussioni stanno sempre di più diventando il mio pane quotidiano)
    senza doverne fare una questione politica.

    "il capitalismo puó benissimo essere ragionevolmente etico ed ecosostenibile, basta saperlo applicare con intelligenza."

    ovvero con "piccoli passi concreti"

    Sinceramente credo che un sistema in decrescita attualmente sia l'unica soluzione per salvarci dal baratro energitico, per garantire dunque una futura crescita reale, non basata sulla distruzione delle nostre risorse. Se infatti far aumentare il PIL nazionale e dunque far crescere l'economia e "creare" (quanto mi disturba questa espressione) posti di lavoro vuol dire aumentare la nostra dipendenza da fonti di combustibile fossile, questa non è affatto crescita, ma sforzi sprecati che invece sarebbero potuti essere diretti verso qualcosa di più lungimirante. Ovviamente come dici tu non si può pretendere di fare il passo più lungo della gamba, bisogna procedere a piccoli passi.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Daniele,
      nessun problema per il commento, devo trattenermi anch'io a volte!
      Rispondo volentieri invece a questo tuo secondo commento, piú equilibrato. Se riuscissimo ad iniziare una discussione sarebbe un grande successo.

      Far aumentare il PIL nazionale significa, per definizione, produrre piú beni con meno risorse. Certo, non sempre é necessario produrre "piú" beni e questo é probabilmente uno dei grossi limiti del capitalismo/consumismo; tuttavia produrre piú beni con meno risorse significa anche permettere a piú persone di accedervi, con un generale aumento della qualitá della vita (almeno in linea di principio).
      Un esempio? Cent'anni fa, l'automobile era un lusso per pochi ricconi, oggi tutti possono accedervi ed utilizzarla per lavoro o per piacere personale. Questo perché oggi, con l'innovazione costante e la continua corsa a fare di piú con meno, le automobili sono molto piú efficienti di cent'anni fa e costano infinitamente meno in proporzione agli stipendi di oggi. Se cent'anni fa si fosse deciso di far decrescere il PIL probabilmente il progresso si sarebbe arrestato e l'automobile sarebbe ancora un lusso per pochi.
      A questo punto é chiaro che per far progredire il PIL ci serve energia, che puó essere prodotta in molte maniere diverse: combustibili fossili (a tendere, secondo me, sempre meno), idroelettrico, nucleare e fonti rinnovabili non idroelettriche. Non a caso, questo é il mix energetico generalmente usato dai paesi moderni nel mondo. La quota nucleare, le cui caratteristiche sono obiettivamente molto piú adatte di quelle delle rinnovabili a sostituire i combustibili fossili nella fornitura di una base di energia affidabile e costante, é a mio parere una validissima opzione proprio per far diminuire i consumi di combustibili fossili. Come forse saprai, il contributo delle energie "verdi" mal si adatta, per ragioni tecniche, a questo ruolo, mentre va benissimo per coprire i picchi di richiesta in modo ecosostenibile.
      Chiudo il commento con una domanda: quando parli di "baratro energetico" che cosa intendi esattamente?

      Elimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.