Domande e Risposte: le radiazioni e i loro effetti


D: Che cosa sono le radiazioni?
R: Le radiazioni sono semplicemente particelle o onde non legate a nessun atomo e libere di muoversi. Qualunque particella e qualunque onda (secondo la meccanica quantistica è la stessa cosa) è una radiazione: anche la luce emessa dalle lampadine e dal televisore di casa o dal monitor del computer, le microonde emesse dal fornetto o le onde radio emesse da un'antenna o da un telefonino sono a tutti gli effetti radiazioni. Le radiazioni più note sono: particelle alfa, particelle beta, raggi gamma e raggi X (e in parte ultravioletti), e raggi ultravioletti.

D: Che cosa sono le radiazioni ionizzanti?
R: La biologia ci dice che le radiazioni sono ionizzanti se sono in grado di strappare elettroni dagli atomi che colpiscono, modificando il comportamento delle molecole cui appartengono in modo virtualmente imprevedibile. Questo fa ritenere che, se gli atomi colpiti fanno parte di molecole che compongono le cellule di un essere vivente, l’esposizione a radiazioni ionizzanti possa portare a un danno biologico.
 Non tutte le radiazioni sono ionizzanti: la luce visibile, per esempio, è composta da fotoni che non possiedono un'energia sufficiente per strappare elettroni agli atomi del corpo; ecco perchè è innocua. Anche le onde radio, come quelle usate dalle antenne e i ripetitori per la telefonia, e le microonde utilizzate nei fornetti sono esempi di radiazioni non ionizzanti.

D: come si misurano le radiazioni?
R:  Esistono tre grandezze principali: l'attività, l'esposizione e la dose.
L'attività è una misura di quante radiazioni al secondo emette una certa sostanza. Si misura in Becquerel, che sono radiazioni al secondo emesse, oppure in Curie (1 Ci = 37.000.000.000 radiazioni/s, è l'attività di un grammo di Radio-226). E' usata per stabilire quanta radioattività si ha in un certo posto/oggetto.
L'esposizione misura la quantità di ioni (atomi cui viene strappato un elettrone) creata in aria dalle radiazioni. Si misura in Coulomb/Kg/s o in Roentgen/h. Un Roentgen è pari a 0,000258 Coulomb al Kg. I contatori geiger, così come tanti altri strumenti, rilevano facilmente questo aspetto della radiazione.
La dose è la quantità di energia depositata nella materia. Si misura in Gray (1 Gy = 1 J/Kg) oppure in Rad (1 Gy = 100 Rad). Se si parla di materia vivente, c'è il concetto di equivalente di dose misurato in Sievert (1 Sv = 1 Gy x EBR). L'EBR (Efficacia Biologica Relativa) misura l'efficacia di un certo tipo di radiazione nel danneggiare i tessuti viventi e vale 1 per gamma, X e beta, circa 20 per gli alfa, tra 1 e 10 per i neutroni e 10 per i protoni.

D: Come posso convertire le unità di misura delle radiazioni?
R: Passare da una grandezza all'altra non è affatto facile: il passaggio da attività (Bq) a esposizione (R) per esempio dipende da quanta energia occorre per ionizzare un atomo (quindi dal tipo di atomi presenti nella materia irraggiata), dalla distanza della sorgente, dal tempo, dalla eventuale schermatura presente e dal tipo di radiazione considerata; esiste una costante detta G che dà l’esposizione a un metro per una sorgente di 1 Ci (nel caso del Cobalto-60 per esempio vale 1,30 Rm2/hCi).  Per passare dall’esposizione (Roentgen) alla dose invece esiste il cosiddetto Principio di Bragg-Gray, secondo il quale la dose assorbita è pari alla densità di ionizzazione in aria (cioè l’esposizione) per l’energia spesa in media per creare una coppia di ioni.  Facendo due conti, la Dose (in Gray) è pari a 0,0088 volte l’esposizione (in Roentgen). Se quindi rilevassi 1 mR/h di esposizione, la dose sarebbe pari a 8,8 microGy/h, ovvero (per radiazioni gamma, X o beta) 8,8 microSievert/h.

D: Quali sono gli effetti delle radiazioni?
R: Qui entriamo in un discorso estremamente complesso, ricco di distinzioni e incertezze, ragione per la quale ho creato una pagina apposta per affrontare il discorso nel dettaglio.
Molto in breve, si sa che ricevere alte dosi di radiazione in un tempo molto breve (pochi minuti) porta sicuramente ad una serie di effetti negativi comunemente noti come sindrome da radiazioni (Radiation Sickness). Ció non ha nulla a che fare con l’incidenza di effetti oncologici (tumori, leucemie) o mutazioni genetiche: si tratta sostanzialmente di sintomi da avvelenamento, combinati con una riduzione delle funzioni biologiche normali dei componenti del sangue e, se la dose assorbita é molto elevata, disorientamento e confusione mentale. Tali sintomi sono perlopiú passeggeri, compaiono durante l’esposizione o poco dopo (fino a qualche settimana dopo) e la loro intensitá varia in funzione della dose assorbita. Esiste una soglia minima piuttosto elevata (attorno a 1Sv, circa 500 volte il fondo naturale medio italiano, ma variabile da persona  a persona) al di sotto della quale non si registra nessuno di questi effetti.

Per quanto riguarda gli effetti oncologici, di cui si parla moltissimo a livello mediatico, occorre sgombrare il campo da parecchi miti e luoghi comuni che abbondano sull’argomento. In sunto, l’esposizione a dosi acute (entro pochi minuti) molto elevate (da mille volte il fondo naturale di un anno in su) favorisce la contrazione di un tumore o leucemia.  La parola chiave é favorisce: sostenere che esiste un nesso causa-effetto tra l’esposizione a radiazioni ionizzanti e l’insorgere di un tumore o leucemia é da considerarsi concettualmente errato. Per rendere meglio il concetto, l’esposizione a dosi acute molto elevate di radiazioni ionizzanti favorisce l’insorgenza di un tumore in modo indiretto, esattamente come abusare di alcoolici o contrarre una malattia che indebolisce temporaneamente il sistema immunitario come la mononucleosi. Per maggiori informazioni rimando il lettore alla pagina sugli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti.

I cosiddetti effetti genetici infine, ovvero la possibilitá di incrementi del rateo di malformazioni o mutazioni genetiche, sono affetti ancora di piú da pregiudizi e false credenze. L’idea che l’esposizione a dosi di radiazioni possa portare alla crescita di arti o occhi aggiuntivi in un individuo adulto o in un bambino é infatti una fesseria completa, non solo non supportata da nessuna evidenza sperimentale, ma nemmeno logicamente immaginabile da parte di chiunque abbia una vaga conoscenza biologica del corpo umano. Un po’ meno certo é il discorso su embrioni esposti a dosi significative di radiazioni: la medicina neonatale ci dice che normalmente la reazione di un embrione a danni genetici gravi subiti entro i primi tre mesi di sviluppo é l’aborto spontaneo, tuttavia é difficile escludere a priori che danni genetici minori possano essere portati avanti in rare condizioni, generando individui malformati. A quanto si é visto finora, per esempio tramite gli studi epidemiologici condotti sugli alto irraggiati delle bombe atomiche, non c’é evidenza di tale fenomeno sugli esseri umani, mentre altri studi sembrano indicare un leggero incremento della naturale incidenza di malformazioni in alcuni tipi di animali.

D: come ci si protegge dalle radiazioni?
R:  La radioprotezione parla di tre "medicine": il tempo, la distanza e la schermatura.
Tempo: la durata  dell'esposizione, è fondamentale: anche un livello di radioattività tale da dare una dose di 1 Sv/h, se si rimane esposti per soli 30 secondi, implica una dose totale di soli 8,3 mSv.
Distanza: la dose di radiazione si riduce con il quadrato della distanza. Questo significa che una sorgente che dà 1 Sv/h di dose a 1 metro, riduce la dose a 250 mSv/h a 2 metri, 62 mSv/h a 4 metri, eccetera. Questo senza considerare la presenza dell'aria, che fa da schermo parziale.
Schermatura: l'interposizione di uno schermo di spessore e composizione chimica adeguata permette di ridurre efficacemente la dose di radiazioni al proprio corpo. L'efficacia di una schermatura dipende dalla radiazione da schermare: per schermare le particelle alfa basta pochissimo (1 foglio di carta, 10 cm di aria, pochi millimetri di tessuto vivente, tanto che addirittura lo strato morto esterno all'epidermide fa già da schermo), per le beta serve una schermatura molto maggiore (4 cm di acqua o tessuto vivente, alcuni mm di piombo), mentre per schermare gamma e X servono alcuni metri di piombo.

D: A che distanza sono pericolose?
R: Dipende da quanta radioattività c'è e dal tipo di radiazioni emesse. Come già accennato nella domanda precedente, i raggi alfa hanno normalmente un cammino libero medio in aria (distanza percorsa in media) cortissimo, tanto che dopo 10 cm praticamente non ne arrivano più. I raggi beta percorrono normalmente qualche metro in aria, mentre gamma e X possono percorrere anche qualche Km (sono onde elettromagnetiche, come le onde radio o la luce).
Questo non significa che a distanza di km una sorgente gamma sia ancora molto pericolosa; indipendentemente dalla presenza o meno di aria infatti, abbiamo visto che l'intensità di una sorgente si riduce con il quadrato della distanza, dunque in realtà già a qualche decina di metri una normale sorgente gamma o X è sostanzialmente innocua.

D: Che cosa vuol dire essere "contaminati"? Perchè è pericoloso? Come ci si decontamina?
R: Una persona che riceve una dose di radiazioni non è contaminata. Una persona contaminata è entrata in contatto con sostanze radioattive (polveri, gas) che si sono depositati sul suo corpo o dentro di esso (Intake, ovvero inalazione/ingestione o immissione tramite ferite aperte). La pericolosità di una contaminazione deriva dal fatto che neutralizza tutte e tre le "medicine" sopra elencate: se la persona è contaminata, non può allontanarsi dalla sorgente di radiazioni (ce l'ha addosso o addirittura dentro di sè), non può limitare il tempo di esposizione, che é dato dal tempo necessario al suo corpo per smaltire la sostanza radioattiva, e non può nemmeno interporre schermature, anzi perde lo schermo naturale dato dallo strato morto dell’epidermide.
Il metodo usato per decontaminare una persona dalle polveri depositate sul suo corpo è semplicemente...una bella doccia! Così come su oggetti o vestiti, basta lavarli bene (ma attenzione a dove finisce l'acqua, che ora è contaminata!). In caso di ingestione o inalazione di un isotopo radioattivo invece c'è poco da fare;  addirittura i raggi alfa, che per irraggiamento esterno sono considerati praticamente innocui anche per alte dosi a causa dell'efficace schermo dell'epidermide, diventano pericolosissimi da irraggiamento interno.  L'unica cosa da fare è allora assumere le stesse sostanze chimiche di cui si è contaminati ma in versione stabile. Se per esempio si è contaminati da Iodio-131, la soluzione migliore è assumere molto Iodio-127, che non è radioattivo e satura la Tiroide (organo bersaglio) impedendole di assorbire il 131. In questo modo, l'isotopo radioattivo è espulso piú in fretta come rifiuto e la dose è limitata al tempo di permanenza nel corpo.

D: In che modo una sostanza radioattiva contamina l'ambiente circostante?
R: Ci sono due vie principali: la contaminazione tramite polveri o gas, trasportate dal vento o dalle correnti marine, oppure l'attivazione radiologica di oggetti.
Il trasporto delle polveri segue le stesse leggi della diffusione degli inquinanti tossici, dunque non è diversa per esempio al trasporto, da parte dei venti in città, del particolato fine prodotto dalla combustione. Analogamente al particolato fine, le polveri radioattive possono depositarsi sugli oggetti, contaminandoli. Infine però, dato che tutti gli isotopi radioattivi sono tali perchè decadono emettendo una particella e trasformandosi in un altro atomo, tutte le sostanze radioattive tendono a diventare stabili con il tempo, perdendo pericolosità. Questo é anche il motivo per il quale il fondo naturale di radiazioni, cioé la radioattivitá naturalmente presente nell’ambiente in cui viviamo, é oggi molto meno intenso di quanto non fosse milioni di anni fa: buona parte delle particelle radioattive sono infatti decadute nel frattempo, diventando stabili. Un esempio di decadimento rapido é dato dallo iodio-131, che ha un tempo di dimezzamento (o emivita) di 8 giorni circa, cosicchè trascorso tale lasso di tempo metà dello iodio che ha contaminato un oggetto ha emesso un raggio beta ed è diventato Xeno-131 non radioattivo. Attenzione! Il trascorrere di un tempo di dimezzamento non implica che il radioisotopo sia svanito. Si è soltanto dimezzato! Il decadimento è infatti esponenziale, cosicchè dopo due tempi di dimezzamento resterà un quarto della quantità iniziale, dopo tre ne resterà un ottavo, poi un sedicesimo, ecc. Non si arriva mai a zero, anche se in pratica dopo un certo tempo si è a livello del fondo naturale.

L'attivazione radiologica consiste nel fatto che una radiazione può colpire il nucleo di un atomo stabile, trasformandolo in uno radioattivo. E' un fenomeno molto raro, che richiede un bombardamento di radiazioni molto intenso e prolungato, ma accade per esempio nell'acqua di raffreddamento dei reattori nucleari, sottoposta a radiazioni neutroniche per molti mesi continuamente, oppure negli schermi delle macchine radiogene, anch’esse costantemente bombardate da radiazioni.

D: I raggi ultravioletti del sole sono radiazioni ionizzanti? Fanno male?
R: I raggi ultravioletti sono radiazioni elettromagnetiche così come i gamma, gli X, la luce, gli infrarossi, le microonde e le onde radio. Gamma e X sono radiazioni ionizzanti, le onde elettromagnetiche, gli infrarossi, le microonde e la luce visibile invece non lo sono. Gli ultravioletti sono a cavallo della soglia di ionizzazione, percui alcuni sono non ionizzanti (UVA) mentre altri sono ionizzanti (UVB-UVC). Gli UV ionizzanti causano gli stessi effetti delle altre radiazioni ionizzanti, in particolare sono molto simili ai raggi gamma, anche se penetrano meno facilmente la materia. Per questa ragione, dosi elevate di UVB o UVC causano ustioni, esattamente come le altre radiazioni ionizzanti, ed aumentano la probabilità di tumore, ma soltanto alla pelle data la scarsa penetrazione dei fotoni ultravioletti.

A proposito dei raggi ultravioletti, va evidenziato che essi hanno anche effetti fortemente positivi, come la produzione di melanina che protegge da ulteriori esposizioni e rilascia antiossidanti. Ció fa sí che, a livello di organismo intero, basse dosi di ultravioletti solari  facciano di fatto considerevolmente piú bene che male, ponendo le basi per rendere la teoria dell’ormesi da radiazioni credibile, almeno in questo caso.

D: Come funziona un contatore geiger?
R: Un contatore geiger-mueller è uno strumento costituito essenzialmente da un tubo contenente un gas a pressione bassissima (sotto vuoto) e da un circuito elettronico più o meno complesso. Il tubo è sottoposto a una differenza di potenziale di circa 400V. Quando una radiazione ionizzante entra nel tubo, colpisce una molecola del gas e la ionizza, la tensione elevata origina una scarica elettrica che viene facilmente rilevata dal circuito di conteggio. Il circuito conta il numero di scariche in un certo intervallo di tempo, restituendo il numero di conteggi per secondo (cps) o conteggi per minuto (cpm) rilevati.

Dal punto di vista radiologico, una scarica del geiger non rappresenta nè una singola radiazione (dunque un Becquerel emesso dalla sostanza esaminata) nè una singola ionizzazione atomica, ma un valore indicativo di entrambe insieme. Per questa ragione, la conversione tra cps e Roentgen o Gray/Sievert è abbastanza soggettiva e dipende dalla calibrazione dello strumento: molti geiger convertono poi direttamente da cps a Roentgen, ma indicativamente la relazione è nell'intorno dei 3,500 cpm = 1 mR/hr.


Da notare che il contatore geiger-mueller NON è in grado di rivelare tutte quelle radiazioni per le quali il sensore si “autoscherma”. Per esempio, tutti gli alfa da decadimento radioattivo non possono essere rilevati nei tubi geiger perchè non riescono a oltrepassare le pareti del tubo stesso; per i beta vale lo stesso discorso fatta eccezione per gli strumenti dotati di una finestrella di mica o di plastica, estremamente sottile e studiata apposta. In generale dunque, il contatore geiger fornisce un’idea di quanti gamma e X colpiscono il sensore, oltre a rivelare qualche raggio cosmico (radiazione proveniente dallo spazio) se particolarmente energetico.