lunedì 13 dicembre 2010

Turismo Radioattivo

Leggo con interesse l'articolo di Repubblica viaggi sull'intenzione del governo ucraino di annoverare il sito della tristemente famosa centrale di Chernobyl tra le "attrattive turistiche" della zona.
A parte le possibili reazioni indignate di chi ritiene questa l'ennesima trovata in barba alla memoria per i morti e feriti del celebre incidente, leggendo bene l'articolo è possibile rilevare almeno un grossolano errore.

Attenzione: non ho avuto tempo di verificare la notizia in sè, mi limito a segnalare quanto segue.

Ad un certo punto si legge che "[...] è il più grande disastro nucleare, almeno civile, della storia, con decine di morti diretti, 4 mila decessi accertati nella zona, per patologie correlate, e centinaia di migliaia che si pensa siano da attribuire alla fuoriuscita di materiale radioattivo, [...]". Ebbene, come ampiamente dimostrato sia dai dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità nell'aggiornamento del 2006 che dal consorzio del Chernobyl Forum di Wikipedia, in realtà gli unici decessi accertati furono quelli dei 3 operatori della centrale, dei 28 emergency workers morti nell'86 e dei 19 emergency workers deceduti successivamente, le cui morti tuttavia "non sono necessariamente, e in alcuni casi certamente no, direttamente imputabili all'esposizione alle radiazioni"(stessa fonte).

Oltre a questi, sono stati segnalati 4000 casi di tumore infantile alla tiroide in eccesso rispetto alla media precedente al disastro e nel periodo fino al 2002, che causarono tuttavia "solo" 15 decessi grazie all'altissimo tasso di guarigione di questo tipo di neoplasia, reso ancora più elevato dai controlli medici diagnostici a tappeto.
Poi ci sono 4000 casi di tumore che sono stati stimati sulla base della popolazione totale (6.000.000 di abitanti, fonte wikipedia) interessata in qualche modo dall'incidente estrapolando una tendenza (sulla base della relazione dose-danno nota) negli 80 anni che seguono dall'incidente (su una base di 1.500.000 morti totali per tumore che si stima si avranno per altre cause nello stesso periodo e sulla stessa popolazione). Presumo sia a questi ultimi che fa riferimento, grossolanamente, La Repubblica...c'è tuttavia una bella differenza tra ciò che è accertato e ciò che è stimato sulla base di un calcolo matematico, o sbaglio?

Senza voler introdurre il toto-incidente, gradirei inoltre ricordare che il peggior incidente industriale della storia, avvenuto a Bhopal (india) nel 1984, fece 3.787 morti immediati ed accertati (stime parlano di circa 15000!) + intossicazioni gravi a centinaia di migliaia di persone (eppure non se ne parla mai...) e contaminazione di una vasta area di terreno; al confronto di una tale ecatombe, onestamente, il pur gravissimo Chernobyl esce pesantemente ridimensionato.

Da ultimo, segnalo a chi fosse interessato all'aspetto "turistico" sollevato dall'articolo il blog di Elena Filatova per le foto ed i reportage molto interessanti sulla zona di esclusione. Comunque la si pensi, si tratta di una zona del mondo dalle peculiarità uniche (...e ci auguriamo rimangano tali).

venerdì 10 dicembre 2010

Il batterio dei miracoli


Ultimamente il lavoro mi ha completamente assorbito, tuttavia torno alla carica perchè sono veramente stufo della pseudoscientificità di alcune riviste. 

Nel numero 7 di Newton (settembre 2010) c’è un articolo dal titolo “La carica dei batteri”, a firma di Fabio Marzano. Nel paragrafo “Uranio ed erbicidi” a pag 34 si legge:

“Nei pozzi petroliferi, però, si sviluppano anche altre colonie di batteri, sperimentati di recente nelle tecniche di biorisanamento da metalli pesanti. Un gruppo di ricercatori della University of Missouri ha selezionato il Desulfovibrio vulgaris, un batterio mangia-uranio, in grado di rendere inerti le scorie radioattive. Sono microorganismi solfo-riduttori, in grado di “attaccare” i rifiuti nucleari e di ridurli minerali. Si trovano in ambienti diversi: dal corpo umano alle acque salate e dolci.
Gli scienziati sono oggi al lavoro per sequenziarne il codice genetico e ricostruirne il metabolismo, ma l’obiettivo futuro è identificare tutti i fattori che ne influenzano la crescita per ricreare in laboratorio una specie che si adatti a sopravvivere in condizioni critiche come quelle all’interno di una miniera di uranio. I batteri solforiduttori servono anche per bonificare le acque da altri metalli pesanti come mercurio, arsenico, cloro e piombo. [continua...]”

Alcuni commenti:
1) Stando alla wikipedia, il desulfovibrio vulgaris è un batterio che passa la sua giornata a ossidare i composti organici o l’idrogeno molecolare, riducendo i solfati in solfiti. In altre parole, questo simpatico essere monocellulare trae l’ossigeno dai composti dello zolfo e lo passa a composti del carbonio o dell’idrogeno. Non vedo a quale titolo questo batterio possa essere definito “batterio mangia-uranio” visto che per il momento l’uranio non c’entra davvero nulla.

2) Non capisco come le condizioni di una miniera d’uranio possano essere definite “critiche” visto che si tratta solitamente di cave a cielo aperto, cioè semplicemente zone di terreno aperto con una concentrazione di Uranio leggermente più elevata della media... O forse chi scriveva l’articolo di Newton non ha la minima idea di come sia fatta una miniera d’uranio (ved. l’espressione “all’interno”)? Già perchè aprire google, cliccare “immagini” e scrivere “uranium mine” evidentemente è troppo difficile...

3) Le scorie nucleari sono costituite da ogni sorta di elementi chimici in ogni tipo di isotopo; la percentuale di uranio lì dentro, pur elevata, costituisce ben poca parte della radioattività totale.  E allora come farebbe mai il nostro amico batterio a rendere inerti le scorie riducendo gli ossidi di uranio? Qualcuno spiega a questi signori che la radioattività è un fenomeno che proviene dal nucleo dell’elemento? E che l’ossido di uranio è esattamente tanto radioattivo quanto l’uranio metallico?

E Newton vorrebbe essere la rivista di divulgazione scientifica italiana? Signori, forse è meglio smetterla di riempirsi la bocca di termini che non si conoscono e mettersi ad approfondire a dovere le notizie.