L’altro giorno leggevo,
complice l’ennesimo articolo assurdo sul Fatto Quotidiano, un simpatico mini-dibattito
su Facebook sui massimi sistemi italiani, piccolo siparietto del modo di fare dibattito del nostro straordinario popolo.
L’autore del post dapprima premetteva di non essere esperto di economia, poi pontificava
sull’auspicabilitá di fantomatiche economie a crescita negativa; auspicabili in
quanto rispettose dell’ambiente e garanti di un ipotetico mondo perfetto in cui
serve sempre meno energia invece che sempre di piú. Seguiva un match serrato
tra “crescitisti” e “decrescitisti” con l’immancabile tendenza a buttarla in politica da
entrambe le parti.
Cominciamo dai filosofi
dei massimi sistemi, capaci di cavillare sulle nuvole di fumo in totale
disarmonia con la realtá dei fatti. Il nostro sistema economico basa la propria
esistenza e prosperitá sulla crescita; la spinta stessa a lavorare arriva
dall’ambizione dell’Uomo a crescere ed ottenere sempre di piú. Questo sistema
non é certamente perfetto ed ha i suoi bravi difetti: mette a dura prova,
sempre di piú, la disponibilitá di risorse di questo pianeta, invoglia
all’inquinamento senza ritegno e richiede intelligenza per potersi sposare con
l’etica. Tuttavia, al momento é l’unico sistema che funzioni veramente e che
permetta, se applicato con cervello, lo sviluppo e la prosperitá del genere
umano. Porre dei limiti invalicabili a questo sistema é semplicemente
impossibile, equivale a tarpare le ali al genere umano, eliminare ció che lo
spinge e lo motiva a vivere. Secondo me, non sará mai applicabile, poiché l’Uomo per sua
natura supera i propri limiti o muore nel tentativo.
Ma proviamo per un
istante a considerare l’ipotesi di applicare seriamente il modello della
decrescita all’economia reale. Uno dei tanti effetti di un sistema in
decrescita sarebbe la sparizione della maggioranza delle professioni. Tanto per
fare un esempio, un’azienda fa ricerca, progettazione, mantiene un’assistenza e
un settore vendite solo ed esclusivamente perché il mercato chiede innovazione
e miglioramento continuo. Se il mercato decresce, chiede sempre meno invece che
sempre piú, dunque tutto ció non serve a nulla: si puó tranquillamente vendere
lo stesso prodotto all’infinito, anzi se ne venderá sempre meno e si dará
lavoro a sempre meno persone. Dunque disoccupazione crescente, soprattutto per
chi é istruito e cerca un lavoro degno di quanto ha studiato.
L’Italia, dal canto suo,
é un mirabile esempio di questo tipo di effetto: dagli anni ’80 del secolo
scorso, durante i boom economici mondiali ha fatto crescite da pochi
punti percentuali, mentre da ormai parecchi anni siamo sostanzialmente fermi.
Dal 2009, con la crisi mondiale, il sistema Italia é in recessione, cioé in
decrescita costante. Il bel risultato ce l’abbiamo tutti davanti agli occhi e
corrisponde straordinariamente a quanto detto sopra: 36% (fonte La stampa di qualche mese fa) di disoccupazione
giovanile, soprattutto nelle professioni qualificate, investimenti nulli e in
massima parte negativi (cioé risparmi) da parte delle aziende, che tagliano per
sopravvivere e in tal modo spingono ulteriormente per la decrescita. Zero
investimenti anche nell’innovazione, che porterebbe anche una maggiore
efficienza energetica, a tutto vantaggio per esempio dell’ecologia. É davvero questo il
mondo perfetto, ecologico ed etico che questi signori propugnano?
É affascinante vedere
come molta gente si perda dietro il principio meraviglioso e luccicante del mondo perfettamente ecosostenibile e non si
ponga nemmeno il problema di applicarlo alla realtá.
Altro discorso merita il capitalismo etico/responsabile. Ancora una volta, i filosofi dell’etica pontificano sul
sistema da buttare via, il consumismo non puó essere etico né ecosostenibile
per definizione, occorre ribaltare tutto, per fare cosa non é dato a sapere.
Personalmente, osservando
la realtá che mi circonda, sono giunto a questa conclusione: il capitalismo puó
benissimo essere ragionevolmente etico ed ecosostenibile, basta saperlo applicare
con intelligenza. Il che rende piú competitivo il sistema, non meno.
Un esempio di etica: in molte aziende estere é il management a spingere per la “Health and Safety” e
per la soddisfazione del lavoratore. Perché un lavoratore soddisfatto e in
salute rende di piú. Non solo, ma un lavoratore formato dall’azienda (o da una nazione!), ed in
essa integrato da anni, é una risorsa preziosa, da non lasciare andar via per
insoddisfazione o scarsa remunerazione. Il lavoratore poi, va pagato a
sufficienza per poter a sua volta consumare i beni prodotti o servizi dalla sua
stessa azienda, il che garantisce un buon livello di benessere a lui e
prosperitá all’azienda (questo lo diceva anche H. Ford un secolo fa). Solo intelligenza, senza bisogno di cambiamenti epocali
nel sistema capitalistico. Senza contare che la corsa all’accaparramento delle
risorse é in buona parte figlia del fatto che, in Italia, ció cui si ha
semplicemente diritto raramente viene concesso senza dover urlare, dare
spintoni e prevaricare altri.
Un esempio di
ecosostenibilitá: in molte aziende, invece di fare proclami roboanti e slegati dalla
realtá sulle fonti di energia da impiegare, ognuno fa quel che riesce per
differenziare i rifiuti, ridurre gli sprechi di energia ed investire sulla
ricerca per migliorare ulteriormente. Piccoli passi concreti, che i nostri
filosofi della montagna sacra non riescono nemmeno a concepire, impegnati come
sono a scannarsi sulla maniera piú utopisticamente adeguata per buttare via il
bambino con l’acqua sporca.
Per concludere, il mio punto di vista sulla faccenda é questo: il capitalismo ha i suoi difetti, molto spesso originati dalla cecitá di chi vuole spingerlo all'estremo. Forse peró, invece di perdersi a filosofeggiare su sistemi economici ipotetici e mai provati, converrebbe fare passi concreti per migliorare questo. La parola ai commenti.