(C) Klaus Holl, 2005 |
BBC world news informa in un articolo della chiusura di una fabbrica di pannelli fotovoltaici di proprietà della Jinko Ltd. La fabbrica è sita nel villaggio di Hongxiao parte della provincia del Zhejiang (浙江), vicina a Shanghai, ed è stata chiusa a causa di una protesta da parte di qualche centinaio di persone che alcuni giorni fa hanno fatto irruzione nell’impianto, rovesciando automobili e devastando gli uffici (BBC di ieri). Secondo quanto riportato dall’emittente inglese (ma anche da molte altre fonti quali New York Times e The Guardian, tra gli altri), la fabbrica immagazzinava i rifiuti del processo di realizzazione dei pannelli, altamente tossici, all’aperto anzichè in un magazzino chiuso. Una tempesta a fine agosto sembra aver determinato lo scarico accidentale dei materiali tossici nelle acque di un fiume vicino, determinando alte concentrazioni di fluoruro (Ingl. Fluoride) nell’acqua. L’inquinamento di materiale tossico ha determinato una visibile moria di pesci, oltre a un notevole rischio di intossicazione per la popolazione residente. Una persona è stata inoltre arrestata per aver diffuso dicerie su un aumento dei casi di leucemia e tumore nell’area dell’impianto (31 casi di cancro e 6 di leucemia, secondo NYT), il quale tuttavia secondo l’ufficio per la protezione dell’ambiente locale risultava fuori norma già dai test effettuati ad aprile.
Con questa notizia, vorrei stimolare una riflessione importante. Quando sentite dire che “le fonti rinnovabili sono a impatto zero”, ricordatevi dell’incidente di Zhejiang. Non tanto perchè l’azienda ha ignorato allarmi e procedure di sicurezza, quanto per il fatto che produrre pannelli fotovoltaici implica l’utilizzo e la gestione di inquinanti, cioè di scorie non meno tossiche di quelle generate dal processo nucleare, e come tali soggette a incidenti e violazioni normative. Altro che “impatto zero”.