Inauguro il blog con il commento alle “10 buone ragioni” addotte dal WWF per non volere il nucleare in Italia (http://www.wwf.it/UserFiles/File/AltriSitiWWF/Toscana/Documenti%20WWF%20Toscana/documenti%202010/appello-nonuke.pdf ).
Indipendentemente da come uno la pensa, certi dati citati senza fonte (e assolutamente contestabili) e soprattutto le drammatizzazioni e mistificazioni di questioni tecniche ben note sono un male da estirpare. In corsivo le affermazioni del WWF, i miei commenti sono in grassetto tra le righe.
1. NUCLEARE E PETROLIO – Le centrali nucleari producono solo energia elettrica, che è meno di 1/5 dei consumi energetici di ogni paese. La scelta del nucleare non riduce la dipendenza dal petrolio: la Francia produce il 78 % dell’energia elettrica dal nucleare, ma importa più petrolio di noi, ed ha i consumi di petrolio pro capite più alti d’Europa.
Questo discorso mischia cose diverse: la produzione di energia elettrica con metodi puliti ed il consumo di petrolio che non è solo legato alla produzione di energia elettrica ma serve anche per altri scopi, come ad esempio il trasporto. Produrre energia elettrica pulita e a buon mercato porta naturalmente a spostare i consumi verso di essa, riducendo anche la parte non elettrica e “ripulendo” tutto il sistema. Se in Francia consumano tanto petrolio (fonte?), non lo bruciano nelle centrali elettriche (se non in minima parte: http://www.developpement-durable.gouv.fr/IMG/pdf/Repere.pdf ) ma lo usano per scopi cui è più consono. Molte attivita' che da noi sono svolte consumando petrolio (per esempio il trasporto delle merci), in Francia sono basate sul consumo di energia elettrica (trasporto su rotaia anziche' su gomma).
2. IL COMBUSTIBILE – Le riserve di uranio sono limitate: ai ritmi di consumo attuali si esaurirà in pochi decenni, ma se verranno costruite nuove centrali la sua disponibilità durerà ancora meno ed il prezzo aumenterà esponenzialmente.
Come brillantemente esposto dall’Ing. A. Mathis, nella conferenza che tenne l’anno scorso a Torino per Giovedìscienza (http://www.extramuseum.it/giosci/modules/conferenze/article.php?storyid=49) le fonti di uranio assicurano una disponibilità ben maggiore di pochi decenni. Questo grazie ad alcuni stratagemmi tecnici interessanti: per esempio lo sfruttamento del Plutonio prodotto dai reattori veloci a partire dall’U238 (99% circa del totale dell’uranio naturale), il che permetterebbe di moltiplicare per 100 la sua disponibilità (stessa fonte). Stesso discorso si può fare per lo sfruttamento del Torio 242, presente in natura con una abbondanza assai maggiore (secondo la WNA http://www.world-nuclear.org/info/inf62.html 2.6 milioni di tonnellate) e può essere sfruttata nei reattori veloci. Inoltre, è possibile estrarre sia Torio che Uranio dall’acqua di mare, dove sono presenti 4,4 miliardi di tonnellate di uranio. Infine, persino nelle ceneri delle centrali a carbone risulta esserci, secondo Mathis, grande disponibilità di uranio da estrarre. Lancio una provocazione: si potrà dire la stessa cosa delle riserve di idrocarburi?
Inoltre il mercato dell’uranio è dominato da una lobby molto ristretta: sette società controllano l’85% dei giacimenti mondiali e quattro società forniscono il 95% dei servizi di arricchimento. Inoltre l’Italia non possiede Uranio e dipenderà completamente da altri paesi per il suo approvvigionamento.
Al solito, niente fonti, ma prendiamo i dati per buoni. Mi sembra che anche le società che controllano gas e petrolio siano poche e sempre le stesse (curiosa l’assonanza con le famose “sette sorelle del petrolio” di Matteiana memoria), quindi differenziare la produzione inserendo tra i fornitori anche le sette dell’uranio mi pare solo un miglioramento, o sbaglio? Mi risulta poi che per il petrolio dobbiamo affidarci in gran parte a paesi politicamente disastrosi quali quelli arabi e nordafricani e per il gas nazioni quali Russia, Ucraina, Algeria e Libia che hanno già dimostrato la loro simpatica intenzione di chiudere i rubinetti alla prima intenzione nostra di cercare di svincolarci dal loro monopolio. I principali paesi estrattori di uranio sono (fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Uranio) Russia e alcuni paesi dell’africa nera, ma anche i ben più stabili Stati Uniti d’America, Canada e Australia, oltretutto da anni nostri alleati politici. Ecco i vantaggi.
3. I COSTI – Una valutazione realistica dei costi del nucleare deve tener conto non solo della costruzione delle centrali ma dell’intero ciclo di vita con particolare riguardo ai costi differiti dovuti al deposito delle scorie e allo smantellamento delle centrali di cui non si conosce ancora l’esatta incidenza. Considerati gli enormi costi di costruzione, le centrali nucleari non sono un affare per i privati a meno di ricevere ingenti sovvenzioni dallo stato, come conferma la recente decisione di Obama.
Come è ben noto agli addetti al settore, i costi di smantellamento sono dell’ordine del 5% del costo al Kwh (fonte: http://www.world-nuclear.org/info/inf02.html) e sono già accantonati a priori, al momento della costruzione della centrale. La stessa fonte mostra con dovizia di particolari come i costi al Kwh in diversi paesi, incluse tutte le voci elencate, siano poco o molto più bassi dei costi delle altre fonti possibili.
Un esempio per tutti: la Germania, dove il nucleare costa 5 cent/kwh, il carbone tra 7 e 7,9, che scende fino a 6,8 con la cogenerazione, il gas 8,5 e l’eolico 10,6. Tutti gli altri paesi sono in accordo con questo trend. Anche il sito www.progettoenergia.org conferma il trend e le considerazioni a riguardo.
La costruzione del primo reattore EPR francese di nuova generazione in Finlandia (Olkiluoto) incontra grandissimi problemi, che hanno già causato rilevanti aumenti dei costi e dei tempi di costruzione.
Nonostante ciò e senza che esista un’esperienza concreta del loro funzionamento (l’ente regolatore degli USA non lo ha neanche licenziato), l’ENEL vorrebbe ordinarne almeno 4!
Immagino sia più che normale che lo European Pressurized Reactor non sia stato ancora licenziato dall’ente regolatore USA, visto che è di progettazione europea! L’AREVA, azienda francese realizzatrice del reattore lo sta ora commercializzando negli USA come Evolutionary Power Reactor e non ha ancora ottenuto la licenza dalla Nuclear Regulatory Commission (http://www.nrc.gov/reactors/new-reactor-op-lic/licensing-process.html), attività lunga e onerosa che lo stesso NRC prevede si completerà nel 2011 (http://www.nrc.gov/reading-rm/doc-collections/fact-sheets/new-nuc-plant-des-bg.html “EPR - Areva submitted its EPR certification application on Dec. 11, 2007. The staff expects the certification process to continue through 2011.”). Naturalmente, questo non significa affatto che non sia un reattore sicuro, potente e/o all’avanguardia, nonostante i problemi costruttivi riscontrati in Finlandia (Olkiluoto 3) e in Francia stessa (Flamanville) che sono in via di soluzione ma hanno causato ritardi.
4. LE EMISSIONI DI CO2 – Il processo di fissione del combustibile nel reattore non produce emissioni di CO2, che sono invece presenti in tutte le altre fasi: dall’estrazione e lavorazione dell’uranio, all’arricchimento (l’impianto di Paducah, nel Kentucky, utilizza due centrali a carbone da 1000MW), alla costruzione della centrale (che richiede enormi quantità di cemento e acciaio) fino alle fasi di stoccaggio delle scorie e di demolizione della centrale.
Anche per le centrali di qualunque altro tipo mi risulta valga lo stesso discorso. Se prendiamo le rinnovabili poi, con le quali si vorrebbe sostituire il nucleare (cosa tra l’altro sostanzialmente impossibile per ragioni tecniche – spero di parlarne a breve in un intervento dedicato), è facile verificare che la richiesta di energia per costruire la centrale (e di conseguenza l’inquinamento prodotto per generare questa energia) tende ad essere enormemente maggiore, a parità di potenza installata (http://it.wikipedia.org/wiki/Ritorno_energetico_sull'investimento_energetico). Si veda ad esempio il fotovoltaico, che in alcune formule ormai obsolete richiedeva per ripagarsi un tempo superiore alla vita stessa del pannello (http://www.aspoitalia.it/documenti/bardi/eroei/eroei.html ).
Alla fase di estrazione sono associate le maggiori emissioni di CO2: basta pensare che per ottenere 1 Kg di uranio da un giacimento che ha un grado di concentrazione dello 0, 1% (la media mondiale è dello 0,15%) occorre estrarre e lavorare 1 tonnellata di minerale. Un calcolo rigoroso porta a concludere che l’intero ciclo nucleare comporta oggi emissioni minori rispetto al termoelettrico, ma che aumenteranno vertiginosamente quando si dovrà estrarre l’uranio da giacimenti più poveri.
Abbiamo già visto che ci sono ampie riserve di uranio estraibile a costi e impatti sull’ambiente del tutto confrontabili con le attuali tecniche (http://www.extramuseum.it/giosci/modules/conferenze/article.php?storyid=49 ).
Non bisogna inoltre dimenticare che, poiché i 439 reattori in funzione coprono meno del 6% del consumo di energia mondiale, se anche si costruissero centinaia di nuovi reattori si avrebbe un contributo minimo all’abbattimento della CO2, a fronte di investimenti di migliaia di miliardi nei pochi anni nei quali è richiesta la riduzione della CO2, evidentemente incompatibili con la situazione finanziaria mondiale.
Perfetto, quindi cosa consigliate? Di investire sulle fonti rinnovabili, costosissime e inadatte a sostituire completamente la generazione termoelettrica (v. sezione fonti rinnovabili di www.progettoenergia.org )? E che presentano rapporti energia prodotta-energia consumata (EROEI it.wikipedia.org/wiki/Ritorno_energetico_sull'investimento_energetico ) ben peggiori? O preferiamo continuare ad asfissiarci con i combustibili fossili fino a esaurirli?
5. SICUREZZA E SALUTE – Si accumulano studi scientifici che dimostrano aumenti di leucemie infantili ed altre malattie nelle popolazioni che vivono attorno alle centrali nucleari. Segno evidente che rilasci radioattivi si verificano nel normale funzionamento dei reattori, anche se ufficialmente vengono sottaciuti.
Mi sto tenendo la pancia dalle risate. E quali sarebbero questi fantomatici studi? Mica state parlando dei tanti studi che partono sparati e poi...ops, ma come non risulta nulla? Sarà mica perchè, incredibilmente, le centrali nucleari NON sono radioattive, almeno non più del fondo naturale che è presente ovunque (www.progettoenergia.org sezione ecoballe, ecoballa n°10)? Tanto per capirci, è molto più radioattiva una centrale a carbone (http://www.extramuseum.it/giosci/modules/conferenze/article.php?storyid=49) di una nucleare, solo che quella nucleare monitora le proprie emissioni radioattive, mentre quella a carbone no...
Questi si aggiungono ai rilasci inevitabili nei frequenti incidenti (spesso minimizzati o negati dalle autorità), sommandosi ad altri inquinanti e danneggiando gravemente la salute della popolazione: le malattie tumorali sono in aumento, anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità denuncia un preoccupante incremento nella diffusione dei tumori a livello mondiale.
Qui smetto di ridere e torno serio. È ora di finirla con la diffusione dell’ignoranza su temi di questa importanza. Prima di tutto i famosi “frequenti incidenti” sono in realtà guasti o intoppi che determinano rilasci di radioattività nulli e a volte sono addirittura praticamente ininfluenti sulla produzione stessa di energia (qui le fonti sono molteplici, ma il grado di mistificazione è talmente elevato che toccherà vederli in separata sede e commentarli a dovere).
Ora due parole importanti sull’equazione “tumore = radiazioni”. Se l’OMS segnala un incremento della diffusione dei tumori a livello mondiale, sarà colpa della pochissima radioattività emessa delle 440 controllatissime centrali nucleari che operano nel mondo o dei miliardi di metri cubi (www.progettoenergia.org) di gas tossici e particolati cancerogeni emessi in atmosfera dalle migliaia di impianti chimici, industriali e termoelettrici a combustibili fossili? Pensiamoci: ogni volta che diamo la colpa al nucleare senza pensarci su, stiamo facendo un gravissimo errore, che ci allontana dalla realtà. In questo modo, chi ci avvelena poco alla volta tutti i giorni ha campo libero, grazie al fatto che “tanto la colpa è del nucleare”. Complimenti.
I reattori di terza generazione come l’EPR sono proposti come molto più sicuri, ma stanno emergendo inquietanti problemi di sicurezza, denunciati ufficialmente il 22 ottobre 2009 da tre Agenzie di Sicurezza europee, che hanno richiesto modifiche al sistema di controllo del reattore giudicandolo inadeguato a far fronte ad una situazione di emergenza. L’Autorità di Sicurezza Finlandese ha riscontrato ben 2.100 difformità nella costruzione del reattore EPR a Olkiluoto e ha bloccato i lavori.
Al solito, per chi non conosce la disciplina scientifica nota come Sicurezza, è facile prendere alcune note tecniche importanti e farle passare per “inquietanti problemi di sicurezza” (soprattutto se in mala fede). Nella fattispecie, l’EPR è stato oggetto di attenzione recentemente perchè si sono scoperte alcune CCF (Common Cause Failures, guasti di causa comune) tra i sistemi di controllo di emergenza e i sistemi di controllo principali (fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Reattore_nucleare_europeo_ad_acqua_pressurizzata). Inoltre, sempre secondo Wikipedia e le sue fonti, l’EPR presenta “gravi rischi in merito a repentine escursioni di potenza con il rischio di crisi di ebollizione, esplosioni di vapore (in grado di danneggiare seriamente il reattore e le barriere di contenimento) ed altresì il rischio di espulsione violenta delle barre di controllo” (fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Reattore_nucleare_europeo_ad_acqua_pressurizzata). Faccio notare che pensare a “repentine escursioni di potenza” per un reattore nucleare è un po’ come pensare di passare la giornata in macchina a sgasare al semaforo: si può fare, e naturalmente la cosa non deve mettere in pericolo l’utente, ma non è la condizione di normale funzionamento. Quanto al fatto che in queste condizioni limite, le repentine esplosioni di vapore possano mettere in pericolo il reattore stesso e le barriere di contenimento...mi pare che un doppio edificio di contenimento in cemento armato precompresso con guaina d’acciaio interna, garantito a prova di impatto aereo (già dai tempi di Trino Vercellese, 1964 http://it.wikipedia.org/wiki/Centrale_elettronucleare_Enrico_Fermi ) possa essere realisticamente sufficiente a contenere un po’ di vapore in pressione, no? Se d’altronde la fonte di questa informazione per wikipedia si chiama “sortir du nucleaire” (uscire dal nucleare, http://www.sortirdunucleaire.org/actualites/dossiers/EPRrevelations/SDN_1_EPR_une%20technologie_explosive.pdf ) non ci si può certo aspettare che non ne approfittino, esagerando i reali pericoli.
Siamo realisti: questi sono problemi da affrontare con serietà, ma non implicano assolutamente che il reattore sia intrinsecamente pericoloso!
6. LE SCORIE RADIOATTIVE – Comprendono il combustibile esaurito e tutto ciò che è stato contaminato dalle radiazioni, cioè i materiali utilizzati per il funzionamento della centrale ed il reattore stesso, che a fine ciclo andrà smantellato. Nessun paese ha ancora trovato una soluzione sicura al problema delle scorie, che devono essere custodite per tempi che possono raggiungere le centinaia di migliaia di anni.
Veramente è il contrario: tutti i paesi civilizzati hanno trovato il loro bravo sito di stoccaggio delle scorie. In particolare per le scorie ad alta attività (www.progettoenergia.org sezione rifiuti radioattivi oppure http://www.ingegnerianucleare.net/Tematiche/4SN/4SNscorieA/4SNscorieA_classificazione/4SNscorieA_classificazione.htm ) si effettua la vetrificazione delle scorie e il risultato, inserito in bidoni a prova di tutto (http://www.archivionucleare.com/index.php/2009/11/25/scorie-radioattive-mito-ridimensionare/) viene poi immesso in siti di stoccaggio sotto 800 m di terra. I gas tossici del termoelettrico invece ce li respiriamo tutti i giorni, già...e senza bisogno di incidente. Occorre poi anche spiegare che (www.progettoenergia.org sezione rifiuti radioattivi, ma anche WIKIPEDIA? e il libro di Piero Angela e Lorenzo Pinna “Energia, la sfida del secolo” e molte altre fonti) se si applica il riprocessamento, cosa sempre più in uso recentemente, una centrale da 1000 MW elettrici (circa 3000 MW termici) produce all’anno qualcosa come 3 m3 di scorie ad alta attività. Vogliamo confrontarle con i MILIARDI (www.progettoenergia.org ma lo si deduce facilmente da qualche calcolo basato su potere calorifico del petrolio e stechiometria di reazione) di m3 di gas tossici e/o cancerogeni buttati in atmosfera costantemente da una centrale termoelettrica di pari dimensioni?
Si sono sviluppati invece traffici illegali per lo smaltimento nei paesi del terzo mondo, con un criminale risparmio sui costi e conseguenze sanitarie ed ambientali facilmente prevedibili.
I pur limitati programmi nucleari dell’Italia hanno lasciato in eredità quattro centrali da smantellare, grandi quantità di fusti con scorie radioattive, provvisoriamente collocati all’interno delle centrali o inviati all’estero, con rilevanti spese per la custodia e gli affitti. Questa situazione costituisce un rischio permanente per l’ambiente e la salute. Nell’interesse generale sarebbe logico risolvere questi problemi, prima di prendere in considerazione la realizzazione di nuove centrali.
Per quali ragioni tutto ciò dovrebbe comportare rischi per la salute? Ma voi sapete cosa vuol dire radioattivo? Un materiale radioattivo è tossico, esattamente come una sostanza velenosa, solo se viene a contatto con noi in qualche maniera. L’influenza sull’ambiente circostante di tutte le scorie stoccate nelle nostre centrali o portate in giro nei treni di scorie è ovviamente nulla (per maggiori informazioni si veda ancora l’ottimo www.progettoenergia.org, sezione ecoballe, ecoballa n°12 ma anche http://www.archivionucleare.com/index.php/2009/11/25/scorie-radioattive-mito-ridimensionare/). Per inciso, in occasione del disastroso incidente ferroviario di Viareggio ci sono state 32 vittime accertate (http://it.wikipedia.org/wiki/Incidente_ferroviario_di_Viareggio). Ho letto in tale occasione un articolo di La Stampa che paragonava i convogli con cisterne di GPL come quella che esplose a “tante chernobyl in giro per il paese” (paragone quantomai inadeguato, per mille motivi tra cui quello che segue) e concludeva con la domanda fatidica “che cosa sarebbe successo se al posto del GPL ci fossero state scorie nucleari?” Facile risposta: molto meno di quello che è accaduto. Intanto, viste le ridondantissime misure di sicurezza, tra le quali una velocità massima di 40 km/h e la scorta continua, bisogna dimostrare che sarebbe successo qualcosa: probabilmente non ci sarebbe stata neppure la rottura del contenitore, quindi nessun danno. Supponiamo però che l’incidente rilasciasse una pari quantità di elementi radioattivi al GPL rilasciato nella realtà: in tal caso l’unico risultato sarebbe stato...la contaminazione radioattiva di un area di terreno di una trentina-quarantina di metri di diametro. Che sarebbe poi stata transennata e bonificata, senza causare manco il raffreddore a un gatto.
7. NUCLEARE CIVILE E MILITARE – La tecnologia nucleare è intrinsecamente dual-use: non è possibile separare le applicazioni civili da quelle militari. Tutti i paesi che hanno realizzato la bomba sono passati attraverso la costruzione di reattori nucleari. La Francia ha un potente arsenale nucleare, che ha assorbito i costi dei programmi civili. La diffusione nel mondo di programmi nucleari aumenterà indubbiamente i rischi di proliferazione militare.
Delirio puro. Per costruire una bomba nucleare, qualunque esperto sa che occorre uranio o plutonio che sia arricchito intorno al 99%, contro il 3-5% di quello per le centrali normali e soprattutto poco irraggiato (a prevalenza di Pu 239, fissile, mentre se troppo irraggiato diventa Pu240 che non è fissile), come quello estraibile dai reattori tipo RBMK (chernobyl) che non a caso presentavano la possibilità di cambio combustibile durante il funzionamento (fonti www.progettoenergia.org sezione chernobyl, wikipedia e altri). Anche tutti i paesi che hanno costruito carri armati sono passati attraverso la costruzione di automobili, camion e trattori e continuano a farlo. E allora? Che cavolo vorrebbe dire?
8. L’ITALIA HA BISOGNO DELLE CENTRALI NUCLEARI? – Non è vero che l’Italia è costretta ad importare energia elettrica dalla Francia: la potenza elettrica installata in Italia era nel 2008 di 98.625 MW, a fronte di un picco di domanda di 55.292 (il massimo storico era stato raggiunto nel 2007 con 56.822 MW), dando luogo alla maggiore eccedenza tra tutti i paesi europei.
Ma certo, ora mi dimostrate che in realtà noi non compriamo l’energia dall’estero ( “Il fabbisogno elettrico complessivo è soddisfatto [...] per il 13,9 per cento dalle importazioni nette di energia elettrica prodotta all’estero”, rapporto sull’energia 2009 http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20100706_00/testointegrale20100706.pdf pagina 7:)!
Il ragionamento è lo stesso dei bislacchi conti di coloro che credono di poter risolvere il problema dell’energia coprendo questo paese di pannelli solari. Certo, coi numeri è facile: fabbisogno energetico 56.822 MW (il picco massimo citato), potenza di un pannello solare 1/8 KW/m2 (http://www.regione.lazio.it/web2/contents/energie_rinnovabili/argomento.php?vms=5 ) => 454576 m2 di pannelli e siamo a posto. La realtà purtroppo è ben diversa, visto che il solare produce quella potenza soltanto di picco, mentre mediamente per l’80% del tempo produce poco o niente!! (qualche prospetto interessante su www.progettoenergia.org, sezione energie rinnovabili).
Ma il nostro sistema elettrico è diventato sempre più inefficiente con le privatizzazioni, e non verrebbe certamente migliorato dall’investimento in centrali elettronucleari.
Questa è bella. L’Italia (http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_delle_centrali_elettriche_presenti_in_Italia ) ha queste centrali, molte delle quali vecchie e ormai obsolete. Ma naturalmente non si riesce a costruirne di nuove, causa soprattutto l’incapacità politica di imporne la costruzione per il bene comune. Così la dotazione di centrali italiane sta invecchiando e, sebbene la potenza installata sia ancora sensibilmente più elevata dei consumi, presto o tardi dovremo costruirne di nuove per star dietro al fabbisogno. A meno di voler comprare sempre più dall’estero, dipendendo politicamente ed energeticamente dagli altri. E secondo voi il problema delle centrali italiane è che sono...privatizzate?
La Francia “svende” energia elettrica nelle ore di calo della domanda, perché il sistema nucleare è rigido e non si adatta alle variazioni di carico; in compenso, in momenti di picchi eccezionali di domanda è costretta ad importare energia elettrica, a caro prezzo, dai paesi confinanti.
Questo è verissimo, anche se naturalmente non è una caratteristica solo del nucleare ma di tutte le fonti termoelettriche, inclusi i combustibili fossili. Ecco perchè l’ideale (come adottato da quasi tutti i paesi civili e molti altri meno civili, www.progettoenergia.org ) è avere un mix di fonti termoelettriche (tra cui il nucleare, come fonte termoelettrica “pulita”) e fonti rinnovabili (tra cui l’idroelettrico, che fornisce una discreta potenza ed è facilmente regolabile per seguire le esigenze di mercato).
9. RIDURREMMO LA DIPENDENZA DAL PETROLIO? – La dipendenza energetica italiana ha ben altre cause. Importiamo quasi tutto il petrolio, che viene utilizzato, con grandi sprechi, in usi in cui non è sostituibile dal nucleare: circa un terzo, per un sistema dei trasporti totalmente sbilanciato sul trasporto su gomma e privato, buona parte per il riscaldamento di edifici costruiti senza isolamento termico, e altre importanti quote per attività produttive energivore, che producono male e in modo inefficiente.
Mix ridicolo di affermazioni corrette e conclusioni fuori luogo. La dipendenza energetica (e dunque politica) italiana dalle fonti fossili è la conseguenza anche dell’eccesso di uso del trasporto su gomma e privato, che con una buona generazione elettrica pulita, efficiente e più economica potrebbe essere portata in buona parte su rotaia, riducendo anche questo problema. Ma naturalmente, con una produzione di energia elettrica legata per il 66,9% a petrolio, carbone e metano (Rapporto mensile TERNA luglio 2010 http://www.terna.it/LinkClick.aspx?fileticket=R3rqQX3srN8%3d&tabid=379&mid=3013 ) il problema è evidente. Anche per quello, con una produzione di energia elettrica più economica e pulita, tutta una serie di attività oggi fatte con il metano potrebbero passare all’elettrico, così come già è in altri paesi (si veda il riscaldamento dei cibi in Francia, ad esempio), con miglioramento della sicurezza di tutti (meno tubazioni di gas in giro, ogni tanto esplode qualche casa e muoiono 2-3 persone ma tanto nessuno ci fa più caso) e riduzione dell’inquinamento e dei costi. Che stiamo aspettando?
10. TRASPARENZA, EFFICIENZA, DEMOCRAZIA NEI LAVORI – La costruzione di centrali nucleari muove quantità enormi di capitali, in gran parte pubblici, ed un loro corretto utilizzo prevedrebbe l’esistenza di un sistema economico e politico di gestione degli stessi assolutamente trasparente. Sappiamo bene che così non è e quanto sia frequente che intermediari senza scrupoli, (quando non addirittura la criminalità organizzata), si inseriscano nell’attribuzione degli appalti in maniera illecita.
Fantastica questa! Sapete che c’è? Se non ci fidiamo di noi stessi per mandare avanti la tecnologia nucleare, allora la stessa cosa si può dire di qualunque altro apparato tecnologico! Quindi che aspettiamo a chiudere anche le centrali idroelettriche (potrebbe sempre succedere un altro Vajont, no? http://www.vajont.net/ )! E gli impianti termoelettrici? Che spargono i loro veleni nell’aria (più o meno...ci sono sempre i filtri e le norme antinquinamento, ma se partiamo dal presupposto che siamo tutti ladri e truffatori...). Poi già che ci siamo chiudiamo anche tutti gli impianti industriali chimici, visto che c’è stato Bhopal (http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_Bhopal ). Dopodichè torniamo tutti a coltivare la terra vestiti di pelli. No, grazie, ritengo di avere di meglio da fare.
Infine, con l’entrata in vigore della Legge Sviluppo (luglio 2009), lo Stato potrà avvalersi dei poteri sostitutivi nei confronti delle Regioni in materia di energia (aspetto per cui molte Regioni hanno fatto ricorso), equiparando di fatto i siti scelti per le centrali alle aree militari d’interesse strategico. Con grave detrimento dei principi di partecipazione democratica nella condivisione delle localizzazioni.
__________________________________________________________________________________
2010-09-08 Aggiornamento
Grazie a Jago per l’importante segnalazione:
“[...]in realtà per qualsiasi tipo di costruzione che sia sottoposta a VIA (ad es aziende a rischio rilevante, seveso, ecc..) è obbligatoria la pubblicazione su quotidiano a tiratura nazionale e su giornali di rilevanza minore (regionali, prov, ecc.) e i cittadini possono andare nel comune di pertinenza per vedere il progetto, ubicazione e relazione tecnica semplificata. Diciamo quindi che se uno si interessa un po' le cose in realtà le scopre e può dare la sua opinione che viene valutata in sede di conferenza dei servizi (cds, http://it.wikipedia.org/wiki/Conferenza_di_servizi, ndPV). Il peso di tale opinione in realtà non lo conosco... non mi è mai capitato in una cds.. solitamente ci pensano gli assessori o i sindaci.... ma l'opportunità c'è.”
Interessante, queste sono opportunità poco sfruttate, anche perchè i cittadini che potrebbero avere interesse normalmente non le conoscono. Buono a sapersi.
Per quanto riguarda la risposta al punto 10: detto così sembra chissà che, ma vorrei sapere concretamente quanti, leggendo l’appello, hanno capito a cosa faceva riferimento. E quanti poi (ancor meno) ne hanno mai usufruito e di conseguenza ne lamenteranno la mancanza nel caso di impianto nucleare. Altro che “ ...grave detrimento dei principi di partecipazione democratica nella condivisione delle localizzazioni”.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.