mercoledì 23 luglio 2025

Un confronto su Nucleare: Italia vs Francia

Facciamo un confronto storico tra Italia e Francia, due nazioni simili per popolazione, storia recente e reddito pro capite. 
Negli anni '60 del secolo scorso, l'Italia faceva a gara con il Regno Unito per il titolo di primo produttore mondiale di elettricità da fonte Nucleare. Arrivano gli anni '70, con la crisi petrolifera, la Francia decide di investire pesantemente nell'Atomo per ridurre la propria dipendenza energetica e politica dal petrolio; l'Italia, che è in vantaggio, prosegue sulla propria strada, aggiungendo la centrale più potente d'Europa (Caorso, un BWR da 800 MWe) e progettando Montalto di Castro e Trino II. Arrivano gli anni '80, fino al famigerato incidente di Chernobyl del 26 Aprile 1986. Qui, Francia e Italia prendono due strade opposte.
Francia: dopo il 1986, la Francia ha continuato ad installare nuova potenza nucleare, fino a giungere, nei primi anni 2000 a produrre il 78% dell'energia elettrica dalle 56 centrali nucleari sparse sul suo territorio. Oggi, il paese ha da decenni la bolletta elettrica più bassa del G7, il che attrae gli investimenti e favorisce l'industria energivora, oltre a farne il paese a minori emissioni di CO2 e gas inquinanti del settore elettrico di tutto il G7. Le bollette basse, hanno inoltre favorito l'elettrificazione di molte utilities domestiche quali la cottura dei cibi ed il riscaldamento invernale, abbattendo ulteriormente la produzione di inquinanti atmosferici. Ultimo, ma non per importanza, la Francia è la centrale elettrica d'Europa, vendendo una buona fetta di energia elettrica ai suoi vicini (il 15% del fabbisogno annuo Italiano è coperto dalle centrali francesi) e ricavando milioni di € ogni anno dalle vendite di elettricità. 

Italia: nel nostro paese, nell'86, la scia emotiva dell'incidente di Chernobyl portò ad un referendum che ha di fatto mostrato la volontà politica del governo di chiudere la produzione nucleare. Le nuove centrali furono costosamente convertite in turbogas, mentre le vecchie venivano progressivamente fermate. La promessa dei Verdi fu quella di "puntare tutto sulle fonti rinnovabili ", sottintendendo che avremmo bruciato ancora un po' di combustibili fossili mentre installavamo abbastanza rinnovabili. Oggi, a distanza di quarant'anni, l'Italia è passata dal 18% a circa il 22% di energia da fonti rinnovabili, mentre continuiamo a bruciare combustibili fossili per un buon 63% di fabbisogno (il resto è importazione dalla Francia). L'alto prezzo dei combustibili fossili, i forti sussidi alle rinnovabili e i costi onerosi per il bilanciamento di una rete a produzione sempre più distribuita, fanno della bolletta italiana una delle più care d'Europa, soprattutto in relazione alla stagnazione degli stipendi, sostanzialmente fermi da vent'anni. La fiorente industria nucleare, un tempo orgoglio nazionale, si è ridotta al lumicino, migliaia di posti di lavoro altamente qualificati sono andati perduti, perlopiù trasferiti all'estero, soprattutto nella vicina Francia. Le bollette elevate, insieme alla burocrazia eccessiva, al fisco aggressivo e imprevedibile ed alla giustizia lenta e inefficiente, contribuiscono a rendere l'Italia un paese poco attraente per gli investimenti e poco favorevole a fare impresa, determinando una crisi del lavoro dalle radici profonde. Inoltre, dato l'alto costo dell'elettricità, la gran parte del Paese viaggia ancora con riscaldamenti a combustibili fossili, determinando un forte inquinamento stagionale d'inverno, aggravato poi dai trasporti in larga prevalenza su gomma, che riempiono strade e autostrade di TIR e camion lenti ed inquinanti. La pianura Padana è oggi il luogo più inquinato d'Europa, e le malattie respiratorie, anche mortali, sono una piaga che miete centinaia di vittime ogni anno.

Riflessione conclusiva: dall'analisi descritta qui sopra, emerge un quadro a dir poco devastante per il nostro Paese. I difetti della scelta, fatta da certa politica corrotta degli anni '80, di distruggere l'eccellenza nucleare italiana, emergono in tutta la loro crudezza. Pare lecito domandarsi: ci sono stati anche dei pregi? Quanti incidenti di Chernobyl ci siamo risparmiati, con quella scelta? A guardare la Francia, pare nessuno, e la tecnica ci conferma che nessuna centrale francese, o italiana, potrebbe mai subire un incidente di quel genere, per costruzione. E che dire di Fukushima? Dove uno tsunami di proporzioni storiche, praticamente impossibile nel piccolo Mar Mediterraneo, ha determinato la fusione del nocciolo di tre reattori, comportando rilasci di radioattività molto modesti e nessuna vittima? Quali sarebbero dunque, questi benedetti vantaggi? Non sarà che, forse, abbiamo preso una cantonata micidiale?