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giovedì 1 agosto 2024

Sbufalatore Vintage: post mai nato risalente al 2014

Pubblico questo post, scritto nel lontano settembre 2014, e basato su un post di quell'epoca di Atomic Insights. Riporto il post così com'era, senza modifiche.

"Ai tempi del governo Craxi, l’interesse congiunto dei poteri economici di petrolio e gas approfittarono della corruttibilitá del governo e dell’impatto emotivo dell’incidente di Chernobyl per porre una pietra tombale sulla storia del nucleare italiano, eliminando uno scomodo concorrente. Nel tempo, la crescente industria delle rinnovabili ha trovato facili alleati negli stessi poteri, che l’hanno lasciata crescere ben consapevoli che non avrebbe mai potuto far loro una reale concorrenza mentre avrebbe contribuito a dare l’impressione all’opinione pubblica che l’Italia stava muovendosi verso le fonti di energia pulite.
Con il potere della stampa italiana in mano ai due gruppi economici, questi filibustieri sono riusciti a creare una vera e propria mentalitá, a colpi di luoghi comuni e considerazioni superficiali, che pone il nucleare come opzione sporca, pericolosa e in mano a fantomatiche “lobbies” in contrapposizione alle fonti rinnovabili, pulite ma necessarie di ricerca e fondi. Contrapposizione ovviamente assurda dal punto di vista tecnico, il che motiva il fatto che la lobby oil&gas non le tema in termini di concorrenza.
Questo bel giochino politico é riuscito a 1) stroncare un’industria nucleare che stava raggiungendo livelli di prestigio internazionale, dava lavoro a giovani talenti in mansioni di concetto e serviva la nazione nel produrre energia pulita e affidabile 2) a mantenere i prezzi dell’energia alti, giustificando non solo l’impiego di petrolio e gas nonostante i prezzi in costante ascesa, ma caricandoci ancora sopra ingenti addizionali da destinarsi allo sviluppo delle rinnovabili. Il prezzo alto dell’energia, tuttavia, é uno dei maggiori ostacoli alle industrie internazionali nell’investire in Italia, nonché uno degli incentivi per quelle italiane a delocalizzare; questo ha prodotto, nel tempo, delocalizzazione e crisi dell’offerta di lavoro.
La cosa che piú mi amareggia in tutto ció é la completa ignoranza con la quale la maggior parte degli italiani seguono bovinamente ció che é stato loro imposto dal sistema, perdipiú ritenendo con ció di “pensare con la loro testa” e di “essersi informati” perché hanno dato ascolto al bombardamento continuo, su piú fonti, di informazioni pilotate. Essi pretendono di essere “alternativi” perché non seguono la massa e sono “contro il nucleare”, senza rendersi nemmeno conto che la “massa” che citano, in realtá, non esiste e non é mai esistita! Sono loro la “massa” inconsapevole e bovinamente pilotata da questo gioco al massacro.
Peggio ancora, ormai il concetto stesso di dibattito é sparito in Italia. É diventata tutta una questione di “schieramenti politici” e di tifoserie opposte, ciascuna impegnata a dimostrare all’altra che ne sa di piú invece di ascoltarne le ragioni. Qualsiasi cosa é trattata con la domanda “sei a favore o contro?” invece di spiegarla ed elencarne serenamente pro e contro. E quando il dibattito si gioca su quel campo, tutto é perduto."

martedì 6 gennaio 2015

Riscaldamento globale e dogmi. Ovvero: perché sono cautamente scettico sul Global Warming.

Ritrovando con sorpresa una vaga parvenza di tempo libero, mi son sentito in dovere di scrivere due righe su un tema da molto tempo sulla bocca di tutti: il cosiddetto riscaldamento globale, o global warming.

Ormai tutti (o quasi tutti...) danno per scontato che il riscaldamento globale sia una realtá assodata e pericolosa, e che sia necessario fare veri e propri sacrifici per evitarlo.
Ma che cosa c’é di vero? A mio avviso, non basta parlare di riscaldamento globale per chiedere (o imporre...) azioni concrete contro di esso; in effetti, il problema si puó articolare in quattro domande fondamentali:
1.     Esiste davvero un riscaldamento globale?
2.     Se esiste, é da ritenersi anomalo?
3.     Qual é la causa del riscaldamento?
4.     Quali sono gli effetti?

Cominciamo dalla prima domanda: la risposta é sorprendentemente positiva e discretamente documentata. Esistono infatti centinaia di studi, pazientemente raccolti e ordinati dall’IPCC, che mostrano un andamento a crescere della temperatura terrestre, intesa come media globale, come media stagionale locale, e in molte altre accezioni. Non ho tempo di linkare tutti gli studi, ma potete trovare facilmente un sunto dei risultati nel rapporto sul sito dell’IPCC.

Dunque é vero, la terra si sta riscaldando. Ma quanto? Con che velocitá? E soprattutto, siamo sicuri che questo sia un fenomeno anomalo, dovuto principalmente all’azione dell’inquinamento umano? La risposta é ben piú fumosa della precedente: analizzando l’andamento delle temperature globali nel corso dei milioni di anni, infatti, quello che si nota facilmente sono due indizi, uno a favore e l’altro contro questa ipotesi.

L’indizio a favore dell’ipotesi antropica é proprio la velocitá con la quale le temperature si stanno alzando: in passato infatti, non era mai successo (per quanto si abbiano dati diretti e sufficientemente precisi...) che la temperatura variasse a una tal velocitá. Tuttavia, il secondo indizio é che la temperatura odierna rimane comunque di parecchi gradi piú bassa della temperatura massima mai raggiunta dal globo terrestre durante la sua lunga storia.

In termini di analisi dati, questo significa che l’andamento potrebbe essere anomalo (ovvero associato a una causa speciale, che a sua volta potrebbe essere l’inquinamento di origine antropica)...ma anche no. Potrebbe infatti trattarsi di una cosiddetta causa comune, ovvero una fluttuazione statistica entro i limiti di temperatura fisiologici della Terra che nulla ha a che fare con azioni particolari che stanno avvenendo in questi anni/secoli, men che meno l’inquinamento atmosferico. Quale sará la veritá?

La nostra fiducia nell’allarme sul riscaldamento globale é poi destinata a peggiorare se assumiamo che il riscaldamento sia anomalo e ci chiediamo quale ne sia la causa speciale: l’IPCC infatti sembra proprio aver simpaticamente assunto (cioé dato per scontato) che si tratti dell’effetto-serra dato dall’inquinamento atmosferico da CO2, sebbene in questi anni stia un po’ prendendo in considerazioni anche altri fenomeni. Ma, a quanto mi risulta, l’idea che possa trattarsi di un’altra causa, per quanto speciale, non é stata nemmeno presa in considerazione: in altre parole, la teoria del riscaldamento globale é partita dall’idea che sia la conseguenza di un effetto-serra dovuto alle emissioni antropiche. Partire assumendo una causa e cercare di dimostrarne il nesso provando che l’effetto esiste é un po’ come assumere di avere mal di testa a causa degli occhiali e dimostrarlo con un test oculistico. Non stupiamoci poi se, cambiati gli occhiali, il mal di testa rimane.
Da ultimo, é bene chiedersi: posto che la Terra si sta riscaldando, assunto che si tratti di una causa speciale e dato per scontato (chissá perché) che la causa speciale sia l’inquinamento di origine antropica, quali sono gli effetti di questo benedetto riscaldamento globale? Anche qui siamo un po’ malmessi: l’IPCC infatti ci propone  modelli matematici fatti al computer, che generalmente portano ad apocalissi, scioglimento dei ghiacciai e altre amenitá nel giro di pochi anni o secoli. Salvo poi ricordarsi di tenere conto anche di qualche altro fattore, scelti da chi fa l’analisi tra l’immensitá di possibili fattori che contribuirebbero al clima, ed aggiungerli al modello, cambiando completamente il risultato ottenuto col modello precedente.

Su questo nessuna sorpresa, il clima terrestre é uno dei fenomeni piú complessi che esistano ed é senz’altro fortemente non lineare. Per definizione dunque, la risposta a una piccola differenza delle condizioni iniziali puó portare a una differenza drammatica nelle conseguenze a lungo termine. Questa é poi la ragione fondamentale per la quale i migliori modelli di previsioni meteo falliscono miseramente a distanza di una settimana o poco piú; non sto quindi a precisare perché non penso che un modello costruito per prevedere il clima su scala globale e da qui ad alcuni secoli possa minimamente dare una risposta affidabile.

Dati i dubbi elencati sopra, é ancora ragionevole mettere in atto provvedimenti per limitare le emissioni di CO2? Qualcuno potrebbe pensare di no, ma personalmente sono comunque favorevole: indipendentemente dal fatto che il riscaldamento globale sia un’anomalia o meno, dovuta o meno alle emissioni di CO2 e destinata o meno a portare conseguenze rovinose per la nostra esistenza, un’azione mirata a rendere piú efficienti i nostri sistemi produttivi e ridurne gli sprechi non puó che migliorare il nostro stile di vita. Nel dubbio che il riscaldamento globale possa effettivamente essere dannoso, inoltre, male non fa cercare di metterci una pezza come possiamo.

Quello che personalmente mal sopporto, invece, sono le mandrie di fanatici che spingono verso sacrifici inenarrabili, a volte veri e propri passi indietro tecnologici e culturali, in nome del global warming. Per non parlare dei vari interessi economico-politici da parte delle lobby della green-economy, spuntate come funghi in questo contesto e capaci di condizionare le menti di chi non puó o non vuole ragionarci sú.


Spero di aver chiarito il mio punto di vista cautamente scettico; la parola ai commenti, come sempre benvenuti.

Aggiornamento 2017-06-03
Dopo mesi e mesi, trovo finalmente il tempo per un breve aggiornamento, focalizzato su un'argomentazione piuttosto interessante ed efficace che ho trovato a fatica, sepolta in un blog scientifico.
L'idea è questa: milioni di anni fa, la temperatura terrestre era molto più elevata, e così era anche il livello di CO2 in atmosfera. Nel corso dei millenni, le forme di vita vegetali hanno faticosamente catturato quella CO2, usando il carbonio per crescere e rilasciando l'ossigeno in atmosfera. Ciò ha portato alla situazione attuale, mentre le piante gradatamente morivano e rimanevano via via sepolte negli strati geologici in formazione, trasformandosi in idrocarburi.
Ed eccoci all'oggi: noi stiamo bruciando proprio quegli idrocarburi, riportando in atmosfera a ritmo rapidissimo quell'antica CO2. L'idea pericolosa quindi non è tanto il riscaldamento globale in sé, quanto il fatto che questo è accompagnato da un pari aumento di anidride carbonica. L'aria della terra, insomma, si fa via via più viziata.
Tornando all'analisi del post qui sopra, questo giustifica parzialmente la scelta di assumere  le emissioni di CO2 come unica o principale causa del riscaldamento globale. 
Quanto alle conseguenze, vale il discorso fatto sopra, anche se una di esse è facilmente individuabile, soprattutto nella nostra montuosa Italia: le grandi nevicate in montagna che caratterizzano il tardo autunno e l'inverno saranno probabilmente sempre più sostituite da piogge torrenziali, per via delle temperature più alte; ma la pioggia, al contrario della neve, scende immediatamente a valle, causando piene ed alluvioni e disperdendo quella riserva d'acqua che la neve in montagna costituisce. Ergo: se continua così, dobbiamo purtroppo aspettarci più alluvioni in autunno e, mancando l'accumulo di neve, più siccità d'estate. 

Alla prossima.

martedì 29 luglio 2014

Radiazioni ionizzanti: storia di una ipocondria diffusa.

Data la relativa calma che regna nel mondo nucleare ultimamente, ho dedicato parte del mio scarso tempo libero a indagare su un tema piuttosto importante: le radiazioni e i loro reali effetti sugli organismi biologici. C’é in giro infatti parecchia confusione: da un lato si sentono urla e stracciamento di vesti soltanto a ipotizzare la possibilitá remota di un rilascio del tutto trascurabile, mentre dall’altro si sostiene che piccole dosi di radiazione, un po’ come piccole dosi di vino rosso, facciano addirittura bene alla salute.

Il risultato completo delle mie indagini, data la complessitá del tema e la lunghezza della trattazione, si trova in una nuova pagina del blog; in questo post, mi limiteró a riassumere il punto di vista che ritengo corretto alla luce dei dettagli che ho trovato.

Il primo fatto che é importante evidenziare é: mentre ci sono prove che esposizioni acute (in pochi minuti) a forti dosi di radiazioni ionizzanti causino una serie di effetti riassunti nella cosiddetta sindrome da radiazioni, l’affermazione che le radiazioni causino il cancro non é in generale corretta. L’affermazione corretta, supportata da tutti gli studi statistici, é che forti dosi acute di radiazioni ionizzanti favoriscono leggermente l’insorgenza di tumori e leucemie.

Sembrerebbe un dettaglio, ma non lo é: se forti dosi acute di radiazioni ionizzanti causassero il cancro (ed il meccanismo fosse quello del danno genetico diretto causato dalla radiazione incidente), allora avrebbero ragione coloro che sostengono una relazione dose-danno diretta, lineare e priva di soglie (la famosa LNT). Non mi dilungheró nella spiegazione (la trovate nella pagina citata), ma tanto per chiarire il concetto: anche una malattia del sistema immunitario (es. AIDS) favorisce il cancro, semplicemente perché riduce la capacitá del sistema immunitario di aggredire e distruggere le cellule mutanti che spontaneamente insorgono nel nostro organismo di tanto in tanto. L’esposizione alle radiazioni ionizzanti, parimenti, presenta parecchi meccanismi indiretti (come quello citato) che possono favorire l’insorgenza di tumori e leucemie, ma non ha un meccanismo in grado di causare direttamente un tumore. Questa é anche la ragione per la quale non si riesce ad evidenziare con chiarezza un nesso causa-effetto tra dosi acute non troppo elevate e insorgenza di tumori: perché in realtá non c’é.

Non solo: il DNA cellulare é in realtá continuamente danneggiato, non soltanto dalla radiazione, ma da molte altre cause “naturali”; esiste dunque una pletora di meccanismi enzimatici che riparano costantemente i danni al DNA, ripristinando la funzionalitá normale.

Ecco perché, a guardare i fatti, ben pochi studi sembrano supportare l’approccio LNT per basse dosi acute, e nessuno per dosi anche relativamente elevate ma croniche. Perché il nostro corpo é letteralmente cresciuto e si é evoluto nel corso di miliardi di anni nei quali il fondo naturale di radiazioni era sensibilmente piú elevato di oggi, imparando cosí a difendersi naturalmente dalle radiazioni, a meno di ratei di dose assurdamente elevati.

La conseguenza strabiliante é che il nostro corpo non considera un problema ricevere una piccola dose di radiazioni: esiste addirittura un effetto, noto come bystander effect, per il quale una cellula che subisce un danno genetico da una radiazione incidente causa attivamente danni genetici alle cellule accanto ad essa!
Inoltre, altro fatto accertato sperimentalmente, il subire (alcuni) danni genetici ha l’effetto di stimolare meccanismi enzimatici di riparazione del DNA che giá normalmente agiscono su scala 10000 volte maggiore per riparare danni genetici, rendendoli ancora piú efficaci e “preparando” la cellula per un eventuale irraggiamento pesante. Affascinante.

Tutto il resto é speculazione: il fatto che dosi croniche, anche elevate ma non tali da causare sindrome acuta da radiazioni, possano favorire un qualsiasi aumento dell’incidenza di tumori e leucemie é, a tutt’oggi, non dimostrato. Anzi, per dosi acute sotto i 100 mSv, si accumulano evidenze epidemiologiche che mostrerebbero l’assenza di qualsiasi effetto negativo, o addirittura la presenza di effetti positivi! La possibile spiegazione é che la risposta adattiva alle radiazioni finisca per migliorare la riparazione del DNA anche dai danni genetici “ordinari”, di fatto riducendo il numero di morti cellulari e di cellule mutanti.

In sostanza, quindi, le radiazioni non soltanto non sono pericolose per dosi croniche nemmeno troppo basse, ma potrebbero addirittura essere benefiche in dosi croniche non molto elevate. Ma allora le varie campagne per salvare i bambini di Chernobyl dalla loro patria radioattiva (10 mSv/y in media)? E l’apocalisse a buon mercato del prode Arnie Gundersen? E il KIKK studium, propagandato da trasmissioni come Presa Diretta? E il drammatico Fukushame?


Avete giá capito, non serve che faccia ulteriori commenti. Chi cerca la veritá dietro le immagini costruite ad arte si é fatto un’idea.

lunedì 20 maggio 2013

Dieci risposte per dieci domande


La rete delle reti é veramente un posto incredibile, dove si trova di tutto. Tra le tante corbellerie antinucleariste, ho scovato pochi giorni fa su un paio di blog dieci domande, risalenti al tempo del referendum “antinucleare” del 2011. La particolaritá di queste dieci domande é quella di essere domande incredibilmente precise, il che  le rende particolarmente facili da sbufalare pur partendo da assunti fastidiosamente errati. Approfitto della relativa calma nella produzione di bufale nucleari per fornire una mia personalissima risposta, nonostante ovviamente io non sia uno degli scienziati cui originariamente erano rivolte:

D1. È vero che il tasso leucemie e di mortalità per malattie tumorali e direttamente proporzionale alla vicinanza agli impianti nucleari?

R1: No, si tratta di una bufala. L’affermazione si basa su uno studio chiamato KIKK (qui lo sbufalamento nell’ambito della critica alla trasmissione TV Presa Diretta) che sostiene appunto la tesi della domanda. Lo studio é di tipo caso-controllo e considera un campione di persone residenti vicino agli impianti nucleari in Germania paragonandone l’incidenza di leucemia infantile con quella in altri gruppi via via piú lontani. Benché  evidenzi un lieve aumento di incidenza in alcuni casi, il punto chiave é che la spiegazione reale di tale aumento non é la presenza o meno di un impianto nucleare bensí qualche effetto non ancora identificato legato alla distanza dai grandi centri abitati. Uno studio successivo in UK ha confermato questa seconda spiegazione, d’altra parte coerente con l’assenza teorica di alcun nesso tra il vivere vicino a un impianto nucleare (incidenti esclusi) e l’incidenza della leucemia infantile.

D2. È vero quanto reso noto da "Medici per l'Ambiente-ISDE Italia", che «nel normale funzionamento di qualsiasi centrale nucleare (anche in assenza di incidenti o fughe radioattive) vengono inevitabilmente e obbligatoriamente prodotte e immesse nell'ambiente esterno una serie di sostanze radioattive, che entrano anche nella catena alimentare dell'uomo»?

R2. Non so cosa dicano i citati "Medici per l'ambiente - ISDE Italia", ma ovviamente anche una centrale nucleare ha un proprio fondo naturale di radiazioni, del tutto slegato dall'utilizzo di materiale radioattivo. Vi diró di piú: funzionando, essa emette grandi volumi di orrendo vapore acqueo (oppure acqua in forma liquida), che ha pure un suo fondo naturale di radioattivitá, per quanto a malapena rilevabile e non diverso dal vapore emesso da una pentola con acqua bollente sul fornello di casa. Preoccuparsi per quello significa non aver capito un tubo di come funzionano queste tecnologie e trattare le emissioni di vapore acqueo come magia nera solo perché provengono da un impianto nucleare invece che dalla pentola dell'acqua per la pasta.

D3. È possibile confinare in sicurezza (senza ricadute letali per le generazioni future dei prossimi 100.000 anni) le scorie radioattive? Come mai ad oggi non un solo grammo di scorie è stato messo in sicurezza in nessun Paese del mondo?

R3. Se confinare in sicurezza significa “senza ricadute letali per le generazioni future dei prossimi 100.000 anni”, allora anche l’accumulo precario nel centro di Saluggia, pur soggetto al rischio di inondazione, risponde senz’altro al requisito. Anche una dispersione catastrofica di rifiuti nucleari nell’ambiente, pur essendo un evento molto grave, non sarebbe certo nemmeno lontanamente “letale per le generazioni future dei prossimi 100.000 anni”. Il confinamento dei rifiuti radioattivi é oggi un problema risolto solo temporaneamente. Sono in studio soluzioni definitive ma ci sono problemi non indifferenti ad applicarle. Buona parte dei probemi oltretutto sono dovuti a forti proteste da parte di una popolazione non sempre in grado di capire cosa sta succedendo e perché, anche perché spesso male informata e allarmata proprio da questo tipo di esagerazioni. 

D 4. È possibile scongiurare disastri di proporzioni simili a quelli di Chernobyl o di Three Miles Island?

R4. Certamente, anzi é ció che l’industria nucleare ha immediatamente imparato e implementato nei nuovi impianti. É per questo che gli incidenti nucleari sono per fortuna estremamente rari: perché grazie a tutte le procedure di sicurezza, le ridondanze e gli accorgimenti di progetto soltanto un caso estremamente particolare (e per questo necessariamente molto molto raro) puó ancora causare un rilascio di elementi radioattivi all'esterno. E ancora, nonostante questo sia un caso estremo, le sue conseguenze non sono e non possono essere nemmeno lontanamente paragonabili a quelle dei veri disastri della storia industriale (Bhopal, Seveso,...tanto per citarne alcuni). Con buona pace dei parolai complottisti che emanano bollettini da ecatombe applicando una legge teorica al di fuori del contesto per cui é nata e rifiutando i risultati degli studi medici che contraddicono questa teoria.

D5. Già attualmente (senza costruire nuove centrali) stiamo consumando più uranio di quello che estraiamo. Presto i giacimenti si esauriranno: non stiamo forse preparando oggi, in tempo di pace, la futura guerra per la prossima "risorsa scarsa"?

R5: non riesco a trattenere le risate. Se chi ha posto queste domande si fosse soffermato un secondo su cosa significa “consumare piú di quanto si estrae” starei probabilmente rispondendo alle nove domande sul nucleare. Se si estrae (dai giacimenti) meno di quello che si consuma, ció é dovuto alle risorse aggiuntive rese disponibili dallo smantellamento di alcune  vecchie testate nucleari per uso bellico. Ció ha l’effetto di rallentare il consumo dei giacimenti, non di accelerarlo, (pare ovvio). Comunque l’uranio, pur essendo abbondantissimo in natura (é ovunque nella crosta terrestre, inclusi 3 mg/m3 nell’acqua di mare...naturalmente bisogna poi valutarne i costi di estrazione) prima o poi potrá anche finire o essere troppo caro. Sostenere che questo porterá necessariamente a una “guerra per la prossima "risorsa scarsa"” é un esercizio di salto in lungo (alle conclusioni) decisamente eccessivo: tanto per dirne una, é probabile che prima o poi le fonti rinnovabili diventino veramente sfruttabili in modo conveniente.

D6. Se si ammette che il nucleare è la risposta alla domanda di energia, come si potrà legittimamente negarlo a quesi paesi (si pensi all'Iran) che ne fanno e sempre più ne faranno richiesta?

R6 Tanto per cominciare, il nucleare non é “la risposta” ma una delle risorse disponibili e importanti da sfruttare. Ovviamente anche altri paesi saranno liberi di sfruttare l’energia nucleare, a patto che provvedano a garantire che non hanno intenzione di usarlo per scopi bellici. Cosa che l’Italia, paese moderno e abbastanza democratico, non ha grandi difficoltá a garantire, mentre altre nazioni meno democratiche (come l’Iran citato) avranno maggiori difficoltá a dimostrare. Solo buon senso.

D7. Data la prossimità fra nucleare civile e militare, non c'è il rischio di dover ricorrere a una eccessiva militarizzazione del territorio (diminuendo così significativamente gli spazi della gestione democratica)?

R7. Innanzitutto la “prossimitá” tra nucleare civile e militare é solo un preconcetto nella testa di certi fanatici dovuto alla confusione tra bombe nucleari e centrali elettriche (non piú vicine di quanto un’automobile lo sia a un carro armato o un jet di linea a un cacciabombardiere). Dopodiché, se stiamo parlando di garantire che la filiera di arricchimento del combustibile e di smaltimento dei rifiuti non attiri le attenzioni della criminalitá organizzata allora parliamo di scorte armate al servizio dello Stato, dunque un aiuto e non un ostacolo a garantire il rispetto della Legge e della democrazia. Chiaramente, se per “spazi di gestione democratica”si intende invece bloccare treni per il trasporto di scorie ostacolando il lavoro degli altri impunemente, beh non c’é nulla da temere: giá oggi purtroppo succede e l'introduzione della tecnologia nucleare non cambierebbe molto.

D8. È razionale investire cifre colossali per una energia così tanto prolematica e controversa, quando è risaputo ad esempio che utilizziamo solo una infinitesima parte dell'energia che il Sole invia sulla Terra?

R8. Non meno razionale che investire nell’acquisto di un’automobile quando sappiamo che la meccanica quantistica permette il teletrasporto, perlomeno a livello molecolare. Ho reso l'idea? Senza parlare del fatto che l'energia nucleare é controversa e problematica solo per quelli che non la capiscono. Senza offesa.

D9. Come è possibile che la scienza si schieri a favore di una tecnologia datata, e non di una fiorente e promettente come l'energia alternativa? Dov'è finita la curiosità dello scienziato?

R9. Giá, com'é possibile? Sará mica che ció che voi definite "una tecnologia datata" non lo é affatto e ció che voi definite "fiorente e promettente" non lo é (oggi) nemmeno un po'? Rimarrete sorpresi, ma esiste una sottile differenza tra investire risorse nell’acquisto di una tecnologia utile e investirle nella ricerca su una tecnologia non ancora utile. Il fatto é che con la prima si produce energia utile, tra l’altro, per poter studiare come arrivare alla seconda. Svelato il mistero?

D10. Abbiamo veramente bisogno di tutta questa energia? O si può (e si deve, vista anche la nostra oggi innegabile incapacità di fatto di ottenere una crescita infinita da questo nostro pianeta finito) aspirare a uno stile di vita più sobrio e ugualmente razionale ed efficiente?

R10. Incapacitá di cosa? Semmai impossibilitá di puntare a una crescita virtualmente infinita nonostante la finitezza delle risorse del pianeta (o della lentezza del loro rinnovamento naturale: il petrolio si crea spontaneamente, solo che ci mette milioni di anni...). La risposta é sí, abbiamo veramente bisogno di tutta questa energia, indipendentemente dalla riduzione (sacrosanta) degli sprechi e dall’uso razionale dell’energia. Chi sostiene questa tesi della decrescita non capisce (o non vuole capire) che é proprio lo stile di vita abbondante (anche in termini di energia) che permette loro di filosofeggiare su sobrietá, finitezza delle risorse e fare gli schizzinosi sull’uso di una tecnologia imperfetta come il nucleare.

Spero di aver dato qualche spunto di riflessione a chi ha creato queste dieci domande, oltre a sbufalare apertamente le affermazioni e gli assunti gravemente errati da cui alcune di esse partono.

giovedì 25 ottobre 2012

OT: Inquisizione Aquilana


Il dubbio è una caratteristica della scienza.” (Societá Italiana di Fisica)

Nei giorni scorsi, si é conclusa la prima parte del processo a carico di sette membri autorevoli dell’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) di Roma. Il processo, per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose (La Stampa), riguarda le informazioni e dichiarazioni pubbliche fornite dagli stessi a fine Marzo 2009, quando la commissione grandi rischi fu chiamata ad analizzare la situazione dello sciame sismico in atto all’epoca in alcune parti dell’Abruzzo. Il giudice Marco Billi deve ancora fornire una spiegazione dettagliata della sentenza, tuttavia a quanto si legge i sette sono stati condannati a 6 anni di carcere, 7,8 milioni di Euro di risarcimento (piú le spese giudiziarie) e interdizione permanente da incarichi pubblici per aver (traduzione mia da BBC news) fornito informazioni inaccurate, incomplete e contraddittorie riguardo al pericolo associato allo sciame sismico che precedette il terremoto del 6 aprile 2009 (provided "inaccurate, incomplete and contradictory" information about the danger of the tremors felt ahead of 6 April 2009 quake).

In questo clima giá poco rassicurante intervengono i nostri prodi imbrattatori di carta da giornale del Fatto Quotidiano, spiegando in questo mirabolante articolo che “La scienza non c’entra”, i sismologi sono stati “condannati dalla politica”. Ottimo esempio di mistificazione della realtá ad uso politico: se infatti é vero che il capo d’accusa non é l’incapacitá di prevedere un terremoto (un nonsenso assoluto), esso non é peró nemmeno (come tentano di sostenere al Fatto) l’aver tranquillizzato la popolazione dando loro sicurezze che non esistevano. Casomai venisse il dubbio (a me é venuto), ecco qui uno degli articoli facente data 31marzo 2009 e riportante le dichiarazioni dei nostri scienziati.
© INGV - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia

Ma quindi che cosa é successo? Vale la pena riassumerlo perché, é il caso di sottolinearlo, questa é l’Italia.
Dato il perdurare dello sciame sismico in Abruzzo (zone de L’Aquila e Sulmona in particolare), la popolazione comincia ad innervosirsi. Le autoritá, sindaco Massimiliano Cialente in primis, chiedono aiuto agli esperti che si riuniscono nella Commissione Grandi Rischi (CGR) per valutare se questo sciame rappresenti una minaccia per la popolazione in quanto precursore di una scossa piú forte, oppure no. Il parere degli scienziati é ovviamente negativo, ed essi producono un verbale tecnico di solo due pagine che evidenzia come non esiste una correlazione fisica tra lo sciame sismico in atto e la probabilitá di una scossa distruttiva (qui un bel commento dell’epoca alla faccenda da parte di Marco Cattaneo su Le Scienze, con link a parte della documentazione tecnica). La  CGR trasmette il risultato alle autoritá che si preparano ad agire di conseguenza, rassicurando la popolazione innervosita.

Fin qui, siamo quasi in un paese serio, ma il bello viene dopo:  nel frattempo spunta un tal Giampaolo Giuliani, astrofisico in visita al Gran Sasso, che si mette a sostenere pubblicamente di essere in grado di prevedere i terremoti rilevando i rilasci di Radon. Si tratta di un metodo promettente che la scienza ha giá analizzato, ma purtroppo scartato in quanto non affidabile; sulla base di tale metodo, Giuliani prevede un grosso terremoto nell’area di Sulmona  per il pomeriggio del 29 marzo (fonte: wikipedia, ma ci ricordiamo tutti) che poi non si verifica; per questa ragione egli riceve un avviso di garanzia per procurato allarme. Lo sciame sismico continua, la popolazione é sempre piú nervosa ma cerca di tranquillizzarsi, visto l’esito delle indagini da parte della commissione. Le autoritá, vista la pressione del caso Giuliani e le rassicurazioni dei sismologi, ostentano sicurezza. Pochi giorni piú tardi il 6 aprile arriva la scossa di Magnitudo locale 5.9 a L’Aquila, che provoca centinaia di morti e feriti, crolli e devastazione.

Ora che abbiamo ricontestualizzato l’evento, facciamo alcune considerazioni. Cominciamo dai sismologi: leggendo l’articolo sopra, mi pare evidente la loro posizione. Essi sostengono che “quella in atto nell’Aquilano é una frequenza sismica che non ha nulla di preoccupante”, fatto vero, visto che non esiste una correlazione nota tra lo sciame sismico e il terremoto successivo. A tutti gli effetti, é come se lo sciame non esistesse, ai fini del rischio sismico della zona.  Ancora piú inportante, essi sostengono che “non si conosce l’origine dello sciame, né é verosimile poterne stabilire la durata, tantomeno prevedere l’arrivo di scosse distruttive”. Oggi sappiamo che la scossa forte ci fu, ma in tanti altri casi analoghi precedenti non fu cosí (e viceversa), quindi che altro potevano dire i nostri sette geologi?

Ma, come evidenziato in piú punti, la sentenza non riguarda l’impossibilitá di prevedere i terremoti. Benissimo, e allora perché questi sette sismologi sono stati puniti cosí duramente? Per aver rassicurato la popolazione e in tal modo peggiorato il bilancio di vittime. Questa é la giustizia italiana, sibillina e dal sapore spiccatamente inquisitorio. Avete capito, cari e dotti scienziati? Le vostre parole, specie se decontestualizzate, potrebbero in qualche modo essere interpretate come una qualche forma di rassicurazione. Naturalmente, giornali e telegiornali riporteranno immediatamente, con la scusa di “semplificare” la scienza, la vostra affermazione rassicurante con un piú intuitivo “non ci sará nessun terremoto” (tanto é lo stesso, no?). Ancora peggio, visto che il terremoto poi c’é stato, voi sarete i responsabili per aver sbagliato a rassicurare la popolazione. La gente allora applaudirá alla sentenza contro di voi, Giuliani sará trasformato inspiegabilmente in eroe nazionale (basta vedere come La Stampa lo definisce “l’esperto che con le sue ricerche sul radon aveva studiato la serie di scosse a l’Aquila dando l’allarme prima della tragedia”) e tutte le sue previsioni errate e allarmistiche saranno dimenticate (ricordiamoci che aveva previsto un terremoto a Sulmona...e se l’avessero evacuata trasferendo gli abitanti per esempio nel capoluogo, L’Aquila?). Non solo, ma voi verrete imprigionati, condannati a pagare cifre improponibili e interdetti dal pubblico ufficio come perfetti inetti. Questa é l’Italia, affari vostri se cercate di fare gli scienziati qui.

Come nota conclusiva, vorrei evidenziare come tutto ció ha un’ulteriore ripercussione: dato che, come detto, lo sciame sismico é irrilevante ai fini della previsione del terremoto (e questa é scienza!), ne consegue che il terremoto é arrivato perché la zona é soggetta. Ecco allora il vero colpevole del disastro, che non a caso rimane insabbiato da questa condanna assurda: in una zona sismica, le costruzioni devono essere a norma sismica. Detto cosí é semplice (la situazione normativa é molto piú complessa, come si vede bene da questo documento INGV), ma la sostanza sta lí, non nelle parole interpretabili e sibilline degli esperti. Ora che la gente ha un capro espiatorio, staremo a vedere se qualcuno si ricorderá ancora di questo aspetto, l’unico rilevante. Il dito e la Luna, ancora una volta. Questa é l’Italia.

mercoledì 22 agosto 2012

OT: filosofia dei grandi sistemi. Ovvero, proviamo a non buttare via il bambino insieme all’acqua sporca.


L’altro giorno leggevo, complice l’ennesimo articolo assurdo sul Fatto Quotidiano, un simpatico mini-dibattito su Facebook sui massimi sistemi italiani, piccolo siparietto del modo di fare dibattito del nostro straordinario popolo.

L’autore del post dapprima premetteva di non essere esperto di economia, poi pontificava sull’auspicabilitá di fantomatiche economie a crescita negativa; auspicabili in quanto rispettose dell’ambiente e garanti di un ipotetico mondo perfetto in cui serve sempre meno energia invece che sempre di piú. Seguiva un match serrato tra “crescitisti” e “decrescitisti” con l’immancabile tendenza a buttarla in politica da entrambe le parti.

Cominciamo dai filosofi dei massimi sistemi, capaci di cavillare sulle nuvole di fumo in totale disarmonia con la realtá dei fatti. Il nostro sistema economico basa la propria esistenza e prosperitá sulla crescita; la spinta stessa a lavorare arriva dall’ambizione dell’Uomo a crescere ed ottenere sempre di piú. Questo sistema non é certamente perfetto ed ha i suoi bravi difetti: mette a dura prova, sempre di piú, la disponibilitá di risorse di questo pianeta, invoglia all’inquinamento senza ritegno e richiede intelligenza per potersi sposare con l’etica. Tuttavia, al momento é l’unico sistema che funzioni veramente e che permetta, se applicato con cervello, lo sviluppo e la prosperitá del genere umano. Porre dei limiti invalicabili a questo sistema é semplicemente impossibile, equivale a tarpare le ali al genere umano, eliminare ció che lo spinge e lo motiva a vivere. Secondo me, non sará mai applicabile, poiché l’Uomo per sua natura supera i propri limiti o muore nel tentativo.

Ma proviamo per un istante a considerare l’ipotesi di applicare seriamente il modello della decrescita all’economia reale. Uno dei tanti effetti di un sistema in decrescita sarebbe la sparizione della maggioranza delle professioni. Tanto per fare un esempio, un’azienda fa ricerca, progettazione, mantiene un’assistenza e un settore vendite solo ed esclusivamente perché il mercato chiede innovazione e miglioramento continuo. Se il mercato decresce, chiede sempre meno invece che sempre piú, dunque tutto ció non serve a nulla: si puó tranquillamente vendere lo stesso prodotto all’infinito, anzi se ne venderá sempre meno e si dará lavoro a sempre meno persone. Dunque disoccupazione crescente, soprattutto per chi é istruito e cerca un lavoro degno di quanto ha studiato.

L’Italia, dal canto suo, é un mirabile esempio di questo tipo di effetto: dagli anni ’80 del secolo scorso, durante i boom economici mondiali ha fatto crescite da pochi punti percentuali, mentre da ormai parecchi anni siamo sostanzialmente fermi. Dal 2009, con la crisi mondiale, il sistema Italia é in recessione, cioé in decrescita costante. Il bel risultato ce l’abbiamo tutti davanti agli occhi e corrisponde straordinariamente a quanto detto sopra: 36% (fonte La stampa di qualche mese fa) di disoccupazione giovanile, soprattutto nelle professioni qualificate, investimenti nulli e in massima parte negativi (cioé risparmi) da parte delle aziende, che tagliano per sopravvivere e in tal modo spingono ulteriormente per la decrescita. Zero investimenti anche nell’innovazione, che porterebbe anche una maggiore efficienza energetica, a tutto vantaggio per esempio dell’ecologia. É davvero questo il mondo perfetto, ecologico ed etico che questi signori propugnano?

É affascinante vedere come molta gente si perda dietro il principio meraviglioso e luccicante del mondo perfettamente ecosostenibile e non si ponga nemmeno il problema di applicarlo alla realtá.

Altro discorso merita il capitalismo etico/responsabile. Ancora una volta, i filosofi dell’etica pontificano sul sistema da buttare via, il consumismo non puó essere etico né ecosostenibile per definizione, occorre ribaltare tutto, per fare cosa non é dato a sapere.
Personalmente, osservando la realtá che mi circonda, sono giunto a questa conclusione: il capitalismo puó benissimo essere ragionevolmente etico ed ecosostenibile, basta saperlo applicare con intelligenza. Il che rende piú competitivo il sistema, non meno.

Un esempio di etica: in molte aziende estere é il management a spingere per la “Health and Safety” e per la soddisfazione del lavoratore. Perché un lavoratore soddisfatto e in salute rende di piú. Non solo, ma un lavoratore formato dall’azienda (o da una nazione!), ed in essa integrato da anni, é una risorsa preziosa, da non lasciare andar via per insoddisfazione o scarsa remunerazione. Il lavoratore poi, va pagato a sufficienza per poter a sua volta consumare i beni prodotti o servizi dalla sua stessa azienda, il che garantisce un buon livello di benessere a lui e prosperitá all’azienda (questo lo diceva anche H. Ford un secolo fa). Solo intelligenza, senza bisogno di cambiamenti epocali nel sistema capitalistico. Senza contare che la corsa all’accaparramento delle risorse é in buona parte figlia del fatto che, in Italia, ció cui si ha semplicemente diritto raramente viene concesso senza dover urlare, dare spintoni e prevaricare altri.

Un esempio di ecosostenibilitá: in molte aziende, invece di fare proclami roboanti e slegati dalla realtá sulle fonti di energia da impiegare, ognuno fa quel che riesce per differenziare i rifiuti, ridurre gli sprechi di energia ed investire sulla ricerca per migliorare ulteriormente. Piccoli passi concreti, che i nostri filosofi della montagna sacra non riescono nemmeno a concepire, impegnati come sono a scannarsi sulla maniera piú utopisticamente adeguata per buttare via il bambino con l’acqua sporca.

Per concludere, il mio punto di vista sulla faccenda é questo: il capitalismo ha i suoi difetti, molto spesso originati dalla cecitá di chi vuole spingerlo all'estremo. Forse peró, invece di perdersi a filosofeggiare su sistemi economici ipotetici e mai provati, converrebbe fare passi concreti per migliorare questo. La parola ai commenti.

martedì 7 agosto 2012

Il dito e la luna


Con questo post inauguro una nuova etichetta, ispirata al noto detto popolare che suona all'incirca “Quando il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito”.

Si tratta di una situazione molto comune nell’ambito nucleare, dove si arriva a definire Apocalisse un evento che sparge del materiale radioattivo nell’ambiente, “dimenticandosi” che esso é avvenuto a seguito di un disastro naturale epocale da oltre 17000 morti. Non nego che quel materiale radioattivo abbia avuto conseguenze gravi, quali l’evacuazione di una fetta consistente di popolazione (con tutti i problemi che comporta lasciare la propria casa di corsa e per molto tempo, specialmente a bambini e anziani), ma a mio avviso si sta veramente perdendo il senso della misura e del contesto.

Un esempio di volo pindarico notevole é rappresentato da questo post sul Fatto Quotidiano, da parte dello stimato professor Zucchetti.
Provo a riassumere la tesi dell’articolo con un paio di frasi: fermiamo i treni di scorie radioattive che vanno dall’Italia alla Francia perché
1) le proteste della gente li bloccano per strada  e in tal caso i manifestanti ricevono una dose di radiazioni piccola ma comunque ingiustificata.
2) si dovrebbe trovare un sito adeguato per le nostre scorie invece di riprocessarle.

Notevole. É un po’ come dire: abroghiamo una legge perché se no il politico di turno fa lo sciopero della fame e sta male. E poco importa se la legge che abroghiamo non doveva essere abrogata perché ci serviva.  L’immagine é tutto ció che conta.

Fuor di metafora, quei treni ci permettono quantomeno di ridurre il volume delle scorie e rattoppare la disastrosa situazione di stoccaggio dei rifiuti radioattivi italiani. La soluzione al problema, cioé il sito definitivo, sarebbe anche stato individuato, peccato che la gente, al solo nominarlo, ha urlato e protestato fino a bloccare tutto (parlo di Scanzano Jonico). Magari non era il sito ideale, possiamo discuterne, ma era un sito. Invocarlo con indignazione subito dopo aver dato ragione incondizionata a chi blocca i treni per protesta suona quantomeno incoerente. Mi viene però il sospetto che sia piú comodo scrivere quello che la maggioranza della gente vuole sentirsi dire piuttosto di affrontare la realtá, specialmente sul “Fatto” che campa di abbonamenti e non di finanziamenti fissi.

Prendo atto. Nella civiltá dell’immagine, se una persona che “appare” dice che il nucleare é l’apocalisse o che dobbiamo fermare i treni di scorie radioattive, l’immagine negativa che ne dá é tutto ció che conta, l’unica cosa che fa presa sulle masse. Poco importa se l’immagine é distorta dagli interessi dei media o della politica. Forse in fondo é sempre stato cosí; l’unico mio rammarico é che quello che una volta era  “un’attivitá generalmente considerata come uno dei maggiori fattori del progresso economico e tecnologico” oggi é l’apocalisse da cui bisogna fuggire prima che sia troppo tardi. 

giovedì 19 aprile 2012

Kenioti e Italioti


Il Fatto Quotidiano pubblicava qualche giorno fa un articolo sull'adozione dell'energia nucleare da parte del Kenia. Secondo il Fatto, la nazione africana si doterá entro il 2022 di un primo impianto da 1000MW, seguito da altri che porteranno il Kenia al 19% di energia nucleare entro il 2031. 

Naturalmente, per il quotidiano indipendente “preoccupa le Nazioni Unite l’ultimo successo dell’industria atomica globale”. Se posso azzardare un’opinione, secondo me la cosa dovrebbe preoccuparci eccome, ma non nel senso che intende il Fatto: anche il Kenia, come altre nazioni non esattamente ai primi posti nel mondo quanto a industria, ci passa davanti sul piano tecnologico, realizzando ció che noi civilizzatissimi italici buttammo ben presto alle ortiche.

Secondo il Fatto "Dopo Stati Uniti, Bielorussia e Kazakistan, ora si punta sul Kenya per rallentare il declino dell’atomo avviato dall’Europa post-Fukushima". Vorrei precisare che il nucleare é talmente in declino che non passa quasi giorno senza che nuove centrali siano avviate (l'altro giorno era la volta di Qinshan in Cina), costruite o pianificate (in UK, Bulgaria,ecc) .

Ma c'é di piú. Pare addirittura che il presidente del Nuclear Electricity Project Committee, Mr Ochilo Ayacko, abbia affermato che le fonti idroelettrica e geotermica che approvvigionano il Kenya non sono né affidabili né sufficienti, e l’introduzione del nucleare nel mix energetico del suo Paese “viene dal bisogno di una maggiore sicurezza energetica” (il Fatto quotidiano).

Curioso, sembra che i Kenioti ritengano ancora importante farsi due conti in tasca prima di decidere su quali fonti energetiche investire. Non solo, sembrano addirittura considerare importante un massiccio investimento nel nucleare "fai-da-te", nonostante questa pessima idea gli porterá sicuramente un sacco di rogne quali posti di lavoro specializzati, cultura scientifica, corsi di studio di alto livello, oltre a un sacco di energia a basso costo.

"A tal proposito, il governo di Nairobi ha già stanziato 2,3 milioni di euro per un programma quindicinale di addestramento sul funzionamento degli impianti atomici, di cui beneficeranno i futuri impiegati delle centrali, giovani kenioti laureati in fisica, ingegneria o matematica", dice ancora il Fatto. 
Cosa? Dare ai giovani un lavoro che valga quello per cui hanno duramente studiato? Assurdo!
Per fortuna da noi certe idee sono troppo keniote per prendere piede: noi preferiamo continuare a trastullarci con le opinioni dei nostri sollevatori di polemiche professionisti mentre l'Italia perde terreno, competitivitá e giovani talenti. Kenioti mai, ma italioti sí eccome, ed orgogliosamente!

martedì 20 settembre 2011

Una fabbrica di pannelli solari cinese chiude dopo aver inquinato gravemente l’ambiente. Ma non erano fonti di energia pulita?


(C) Klaus Holl, 2005
BBC world news informa in un articolo della chiusura di una fabbrica di pannelli fotovoltaici di proprietà della Jinko Ltd. La fabbrica è sita nel villaggio di Hongxiao  parte della provincia del Zhejiang (浙江), vicina a Shanghai, ed è stata chiusa a causa di una protesta da parte di qualche centinaio di persone che alcuni giorni fa hanno fatto irruzione nell’impianto, rovesciando automobili e devastando gli uffici (BBC di ieri). Secondo quanto riportato dall’emittente inglese (ma anche da molte altre fonti quali New York Times e The Guardian, tra gli altri), la fabbrica immagazzinava i rifiuti del processo di realizzazione dei pannelli, altamente tossici, all’aperto anzichè in un magazzino chiuso. Una tempesta a fine agosto sembra aver determinato lo scarico accidentale dei materiali tossici nelle acque di un fiume vicino, determinando alte concentrazioni di fluoruro (Ingl. Fluoride) nell’acqua. L’inquinamento di materiale tossico ha determinato una visibile moria di pesci, oltre a un notevole rischio di intossicazione per la popolazione residente. Una persona è stata inoltre arrestata per aver diffuso dicerie su un aumento dei casi di leucemia e tumore nell’area dell’impianto (31 casi di cancro e 6 di leucemia, secondo NYT), il quale tuttavia secondo l’ufficio per la protezione dell’ambiente locale risultava fuori norma già dai test effettuati ad aprile.
Con questa notizia, vorrei stimolare una riflessione importante. Quando sentite dire che “le fonti rinnovabili sono a impatto zero”, ricordatevi dell’incidente di Zhejiang. Non tanto perchè l’azienda ha ignorato allarmi e procedure di sicurezza, quanto per il fatto che produrre pannelli fotovoltaici implica l’utilizzo e la gestione di inquinanti, cioè di scorie non meno tossiche di quelle generate dal processo nucleare, e come tali soggette a incidenti e violazioni normative. Altro che “impatto zero”.

lunedì 19 settembre 2011

Siemens esce dal nucleare

Le 17 centrali nucleari tedesche
(C) IPPNW.de

 BBC ci informa che, a seguito della decisione del governo tedesco di spegnere le loro 17 centrali nucleari (23% dell’energia) entro il 2022, il colosso Siemens ha preso la decisione di non produrre più tutti quei componenti che servivano per la cosiddetta “isola nucleare” delle centrali atomiche. Sarebbe a dire che continueranno a produrre soltanto le parti convenzionali (turbine, condensatori, ecc), finalizzate a centrali a combustibili fossili ma utilizzabili anche per la parte convenzionale delle centrali nucleari.  Secondo l’articolo, il CEO della compagnia Peter Loescher ha dichiarato che per loro “il capitolo è chiuso”: anche la collaborazione con la russa Rosatom sarà cancellata. Sempre secondo BBC, Siemens è stata fornitore completa di tutte le 17 centrali nucleari tedesche e di alcune centrali Finlandesi e Cinesi solo per la parte convenzionale. Ora, l’azienda punta a supportare il progetto tedesco di portare al 35% l’energia da fonti rinnovabili entro il 2020.

Va bene, un’azienda privata deve ovviamente seguire il mercato per poter stare a galla. Vista l’aria che tira, era inevitabile una bella retromarcia rispetto all’affermazione pre-fukushima dello stesso Loescher (“in vista del mutamento climatico globale e della crescente domanda energetica mondiale, per noi l’energia nucleare rimane parte essenziale di un mix energetico sostenibile”, BBC trad. P.V.). Comunque sia, un gran numero di dipendenti Siemens con competenze avanzate sugli aspetti nucleari della produzione energetica perderà a breve il lavoro, scalzata dalla promessa di un 35% di rinnovabili pagata con il famoso 23% di nucleare. Un po’ come dire che decidiamo di lasciar perdere i treni e spingere sull’uso delle biciclette per ragioni ecologiche (o demagogiche?). E così facendo, la nostra principale industria del settore ferroviario si riconverte a produrre biciclette, licenziando un sacco di bravi tecnici con le competenze per realizzare una locomotiva e sostituendoli con gente in grado di fare ottime biciclette (ne servono molti meno). Niente di personale su chi progetta e costruisce velocipedi, la loro dignità non è in discussione; solo non stupiamoci se i ragazzi più talentuosi, capaci di progettare, costruire e far funzionare i sistemi più complessi, scappano all’estero a cercare un lavoro degno del tombino che si son fatti  a studiare. Da oggi, questo varrà anche per la Germania: benvenuti nel club.

martedì 7 giugno 2011

Dire no al nucleare è arte

L'urlo nucleare, divenuto
ormai simbolo della protesta

La Stampa ci comunica in un articolo multimediale che “40 artisti hanno regalato a Greenpeace e al fotografo Andrea Massari, che li ha ritratti, la loro faccia più arrabbiata e pazza per fermare il ritorno al nucleare in Italia”.

Altrove si legge che alcuni ragazzi vivono ormai da parecchi giorni chiusi in un rifugio anti-radiazioni come se fosse “esplosa una centrale nucleare” (sic) e non usciranno finchè “il referendum cancellerà l’incubo nucleare”(sic!).

In televisione spopolano i vari Annozero che sparlano di nucleare, facendo (come sempre) ogni sforzo per cercare di convincere l’audience che chi vuole il ritorno di questa fonte di energia è un pazzo assassino senza scrupoli (cavolo, mi hanno scoperto...ora dovrò limare i miei bei canini lunghi da vampiro). Addirittura, nell’anteprima della trasmissione di Santoro, si cita il saggio gufo Celentano, che dodici anni fa profetizzava provocatoriamente “Oggi il grado di cultura di un popolo si misura in base al numero di centrali nucleari che quel popolo possiede” e a seguire faceva vedere un’esplosione atomica.

Sono preoccupato. Seriamente. Siamo di fronte a un fenomeno nuovo, figlio della nostra epoca: un’epoca di comunicazione, ma non di cultura. Un’epoca in cui chiunque può trovare qualunque cosa su internet e sbandierarla come una delle tante possibili verità. Un’epoca in cui seguire in massa i luoghi comuni della politica senza accendere il cervello e riflettere è diventata più di una moda: è uno stile di vita. È una nuova forma di fede religiosa: la gente crede per fede che “il nucleare” sia un “incubo” esattamente come crede per fede che nel 2012 “finirà il mondo” (ma che vuol dire poi?). Peggio ancora, alla superficialità e scarsa voglia/tempo per approfondire si aggiunge la faziosità politica del “votare contro” e l’abilità dei soliti imbonitori di folle a trascinare le masse contro l’avversario politico.

Non voglio, con questo discorso, sostenere che tutti dovremmo essere favorevoli all’energia nucleare. Non è semplicemente vero. È però vero che discutere con chi è vittima di questa fobìa aprioristica è inutile: ogni volta che sento domande quali “e il problema delle scorie?” mi rendo perfettamente conto che chi le pone non sa in realtà di che cosa sta parlando. Parla per sentito dire, tant’è che tende a chiudersi a riccio non appena gli si pongono domande semplici quali “Scusa, ma tu cosa intendi per problema delle scorie?”. Allora, ciò che si dà per scontato essere un grave, irrisolvibile problema, spesso condito di faziosità politica e sfiducia nelle istituzioni, si rivela essere solo una questione tecnica molto precisa, da affrontare e risolvere. Purtroppo però, come per qualunque tema specifico, rispondere alla curiosità su questi argomenti richiede pagine e pagine di noiosi approfondimenti tecnici. La gran parte delle volte, per sentirsi poi dire “ma dobbiamo essere tutti ingegneri nucleari per parlare di nucleare?

Niente da fare: siamo un dannato paese di allenatori di calcio. Sappiamo tutti molto meglio di Prandelli chi deve mettere in campo la nazionale di calcio stasera e allo stesso modo, beh, noi sì che abbiamo capito come funziona davvero il nucleare. E riteniamo ovviamente che chi non la pensa come noi ha torto marcio, è venduto o ha degli intrallazzi economico-politici per pensarla così. Buttarla in politica, poi, è lo sport nazionale. L’energia nucleare invece non ha colore politico: è una soluzione tecnica, con i suoi vantaggi e svantaggi e tale deve rimanere.

In questi anni si comincia a vedere dove questa faziosità popolare ci sta portando: all’essere sempre più consumatori passivi, un gregge di pecore guidato dai vari imbonitori di folle che cavalcano le fobìe popolari a scopi elettorali. Gente che prende temi tecnici importanti e li trasforma nel casus-belli del momento, attaccando senza tregua chi la pensa diversamente e starnazzando come un’oca del campidoglio. E intanto la competitività scende, le aziende chiudono e la gente rimane a casa. Signori miei, sulle faccende importanti si discute, non si litiga.

E così, domenica 12 e lunedì 13 giugno saremo chiamati a votare un referendum che toglierà dall’agenda dei nostri governi l’investimento di 30 miliardi di euro, gestiti per il 70% da aziende italiane, con la conseguente mancata creazione di 13.600 posti di lavoro diretti e circa 10.000 di indotto (La Stampa). E impedirà la riduzione dei costi dell’energia elettrica a lungo termine, con il conseguente incentivo alle aziende italiane a restare qui e a quelle straniere a venire a investire da noi, evitando ulteriori possibili posti di lavoro. E contrasterà la riduzione delle importazioni di energia elettrica dall’estero, oggi al 14%, che avrebbe portato a una diminuzione delle spese energetiche dirette e un aumento dell’indipendenza energetica (leggi politica) italiana da Francia, Russia e paesi nordafricani. Ricordo che la soluzione proposta per esempio da Kyoto club, interamente a fonti rinnovabili, richiede un’importazione di energia dall’estero pari al 25% del totale (ne abbiamo parlato qui).

E tutto questo a fronte di cosa? Della necessità di affrontare seriamente e professionalmente alcuni problemi  tecnici e tecnologici come la gestione delle scorie nucleari (in verità non molte più di quelle che già oggi produciamo coi nostri impianti medicali per la radioterapia) o la gestione in sicurezza delle centrali (che già facevamo negli impianti di 50 anni fa).  Temi importanti, da non sottovalutare, ma da risolvere sul piano tecnico, non alle urne con un referendum popolare che cancellerà per anni ancora l’adozione di un piano energetico nazionale in grado di far progredire veramente questo paese.

In questa situazione penosa, vale la pena ricordare La Stampa per il patetico articolo del celebre opinionista Luca Ricolfi. Caro Ricolfi, è inutile dare tanto la colpa alla politica: sappiamo bene che i nostri rappresentanti sono perlopiù biechi e corrotti approfittatori delle situazioni confuse per scopi elettorali. Ma chi se non voi ha contribuito a creare questo clima di fobìa antinucleare (con articoli come questo, questo e questo)? Ora vi assicuro che é tardi per accorgersi che il sensazionalismo a ogni costo ha un prezzo.