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giovedì 17 febbraio 2011

Kyoto Club: nel 2050 avremo il 100% di energia verde. In teoria.

Il quotidiano La Stampa pubblica oggi un articolo di resoconto del convegno annuale dell'associazione  Kyoto Club, avvenuto a quanto si legge lo scorso 16 gennaio a Roma.

Occorre premettere che l’articolo, a firma di Carlo Lavalle, è scritto in maniera molto professionale e dettagliata (a parte qualche errore, che mi auguro sia di battitura...), contrariamente a quanto succede solitamente per gli articoli a tema scientifico o tecnologico. Ci sono tuttavia alcune considerazioni di carattere tecnico che mi piacerebbe fare, soprattutto alla luce della tesi di fondo dell’articolo (che è anche la tesi di Kyoto Club): la sostenibilità di un sistema elettrico con il 100%  di fonti rinnovabili.

Questa è la tesi di molti ambientalisti, basata (come giustamente evidenzia l’articolo) su considerazioni soprattutto di tipo economico sul trend di crescita seguito finora: “La spettacolare ascesa delle fonti rinnovabili a livello mondiale rende non irrealistico il perseguimento dell'obbiettivo del 100% di copertura della domanda energetica o elettrica entro il 2050.” (riporto pari pari, compreso “obiettivo” con due “b”, in quanto citazione).

Ok, certo è positivo sapere che l’economia risponde bene e che, tracciando una linea che parte dalla situazione attuale, si arriva al 2050 con il 100% di rinnovabili. Ma questo è solo un calcolo teorico, che prescinde da qualsiasi difficoltà tecnica. È come se decidessimo di imporre a tutti di viaggiare solo più a piedi facendo il calcolo che per andare ad esempio da Torino a Roma, moltiplicando una velocità media di 4 Km/h per 8 ore di cammino al giorno, sarebbero sufficienti appena 20 giorni per arrivare a destinazione. La realtà è ben diversa dai calcoli teorici: e se fa freddo? O caldo? Se piove? E le persone anziane e/o che hanno difficoltà a camminare? E le provviste (cibo e acqua) per i 20 giorni?

Focalizziamoci sul mix energetico proposto da Kyoto Club: “[...] gli impianti solari (40-45%), le importazioni di elettricità verde (25%) e la produzione di impianti eolici, idroelettrici, geotermici e da biomassa (30%).

Delle fonti elencate, le uniche veramente affidabili (a essere generosi) sono le ultime tre, che insieme fanno meno del 30%, perché occorre escludere la quota di eolico. Un po’ pochino.

 Il 40-45% di solare presenta poi i soliti problemi di disponibilità della fonte: di notte non produce, quando il sole è basso sull’orizzonte (d’inverno è la norma) produce poco-niente, quando piove o fa brutto idem, ecc.
Non è tanto una questione di energia totale prodotta (basta mettere più pannelli e sovraprodurre quando la fonte è disponibile), quanto un problema di stoccaggio dell’energia stessa, per usarla poi quando serve. 

Ad oggi infatti, le soluzioni disponibili (dalla produzione di  idrogeno allo stoccaggio in semplici batterie) risultano estremamente costose, facilmente deteriorabili col tempo (si pensi alla durata delle batterie o ai problemi di contenimento dell’idrogeno) e soprattutto inquinanti (pensate cosa vuol dire smaltire continuamente milioni di batterie che perdono capacità per usura...). Insomma, avere quasi la metà della capacità produttiva così ballerina e inaffidabile sarebbe veramente un grosso passo indietro per un paese moderno ed efficiente.

Quanto al 25% di importazioni, mi scappa da ridere. Ma come? Facciamo una malattia della dipendenza energetica italiana dall’estero, oggi al 14% (fonte: TERNA ) e auspichiamo un futuro in cui importiamo un quarto del fabbisogno dall’estero? Ridicolo.

Ed ecco la considerazione finale: con la tecnologia di oggi, sfortunatamente non è credibile pensare ad un paese con il 100% di fonti rinnovabili, con buona pace di Kyoto Club e di tutti i calcoli teorici di questo mondo. Personalmente, credo che difficilmente nel 2050 avremo a disposizione metodi fantascientifici per accumulare l’energia, e che anche allora il 100% di green energy resterà un miraggio. Staremo a vedere.

mercoledì 16 febbraio 2011

Il minestrone quotidiano

Il Fatto Quotidiano pubblica oggi un articolo dai toni polemici su una presunta “anomalia gravissima” riscontrata da EDF (Electricité de France) sul noto reattore EPR. Il Fatto, dopo una (ridicola!) descrizione del problema, spara a zero sull’energia nucleare approfittando del parere della nota associazione d’oltralpe “Sortir du nuclèaire”, parere che potete ben immaginare.

Comincio a essere stufo di gente che non capisce (forse perchè non vuole capire ed approfondire...) ma pontifica con ironia pungente per tirare acqua al suo mulino approfittando della buona fede di chi li segue. Esaminiamo nel dettaglio la faccenda.

In un comunicato stampa dell’ASN (Autorité de Sûreté Nucléaire, in lingua francese) si legge che (traduco al volo) “il 1 febbraio 2011, EDF ha comunicato all’autorità per la sicurezza nucleare un’anomalia generica nella ripartizione dei tassi di iniezione di sicurezza ad alta pressione nei rami freddi del circuito primario principale dei reattori da 900 MW”. In particolare, si legge che in caso di intervento del RIS (il circuito di raffreddamento di emergenza) la pressione del circuito primario del reattore è misurata separatamente in ciascuno dei tre rami del circuito stesso, per mezzo di altrettanti misuratori di pressione. Tali misuratori devono regolare l’iniezione di acqua nel circuito, mantenendo uguali le pressioni dei tre rami, in modo che il nocciolo del reattore sia refrigerato in modo omogeneo e costante. Di conseguenza, il rapporto di sicurezza che certifica l’adeguatezza dei reattori EPR richiede per gli stessi sensori (presumo semplici manometri) una tolleranza massima del 6%, ed è proprio qui che sta l’inghippo: EDF ha rilevato che gli strumenti in uso per la misura della pressione in quel frangente hanno una tolleranza attorno al 20%, totalmente fuori da quanto richiesto dal rapporto di sicurezza.

Conseguenze? Secondo il Fatto (e secondo SdN) catastrofiche.

Ragioniamo un secondo: stiamo parlando di un incidente gravissimo (tipo Three Mile Island, tanto per capirci) e di conseguenza rarissimo, estremizzato in condizioni limite come capita quando si fa un’analisi di rischio, necessariamente teorica. Se la situazione precipita ed occorre chiamare in causa il sistema di emergenza RIS, la tolleranza troppo larga dei manometri potrebbe  portare a non rilevare eventuali iniezioni di acqua di raffreddamento di emergenza, effettuate per errore in modo asimmetrico. Queste potrebbero portare a un raffreddamento asimmetrico (nel caso peggiore: insufficiente) del nocciolo del reattore, con conseguente possibile fusione del nocciolo, parziale o completa. Il materiale radioattivo probabilmente colerebbe nelle apposite vasche di contenimento, evitando contaminazioni sensibili dell’ambiente grazie al doppio contenitore di cemento armato e acciaio, ma potrebbe esserci qualche rilascio di radioattività, come fu per Three Mile Island, pur senza conseguenze accertate.

Facciamo un paragone automobilistico per capire meglio: è come se un costruttore d'auto scoprisse che, in caso di incidente gravissimo con ribaltamento del veicolo ad alta velocità (molto raro), il sistema elettromeccanico di blocco carburante, pur spegnendo il motore, non garantisce al 100% la tenuta degli iniettori di carburante del motore.  Questi quindi potrebbero perdere gocce di carburante (ma anche no...), le gocce potrebbero colare sul motore caldo e, se questo è molto caldo, potrebbero incendiarsi. L'incendio di poche gocce non dovrebbe comportare problemi, ma potrebbe in linea teorica provocare un incendio della vettura, con conseguenti lesioni al conducente se questo non si è allontanato nel frattempo.

La soluzione proposta dalla versione automobilistica di “Sortir du Nucleaire”, oltre che dagli zelanti giornalisti del Fatto quale sarebbe? "Smettiamo di produrre autoveicoli!” Neanche di quella marca/modello, no tutti! Grandioso.

Curiosamente, la soluzione adottata da EDF è invece la stessa individuata dai costruttori d’auto di tutto il mondo quando individuano criticità di una certa rilevanza: una cosiddetta “campagna di richiamo”, nella quale il costruttore individua tutti i veicoli interessati dal problema e li ripara a proprie spese. Così sta facendo EDF, responsabile del problema, che sta “realizzando un tipo di strumentazione a ultrasuoni che permette di misurare in maniera più precisa i tassi di iniezione del RIS ad alta pressione” (fonte: comunicato ASN).

Chiudo con un piccolo inciso: se gli amici del Fatto quotidiano avessero cercato almeno un po'  di capire la questione, avrebbero potuto evitare di tirare in ballo faccende come:

1) “Numerose le centrali interessate, tra cui quella di Tricastin, già nota alle cronache italiane: nel sito a 160 chilometri dal nostro confine c’è stato nell’estate del 2008 un incidente che ha causato l’inquinamento di alcuni corsi d’acqua nella zona di Avignone”. Questa è bella: Tricastin aveva avuto un problema di rilascio di uranio naturale da una tanica di contenimento, che non c’entra nulla con il reattore e si trova pure all’esterno (fonte: Wikipedia). 

E' un po' come dire: “vedi che i display a cristalli liquidi dei PC si rompono facilmente? Due anni fa al mio si è anche rotto il disco...”. E che c’entra?

2) “I 34 generatori di vapore dei reattori nucleari difettosi sono ora al centro di un completo programma di riparazione e sostituzione”. I generatori di vapore non c’entrano un tubo (è il caso di dirlo) con l’anomalia riscontrata e non sono in riparazione per quello. Si tratta di ordinaria manutenzione limitata alla sola Tricastin per avvallare altri 10 anni di funzionamento. E la preoccupazione per l’età delle centrali deriva da una confusione proprio con la notizia riguardante l’invecchiamento dei generatori di vapore e la loro estensione di vita, una mera questione burocratica.

Insomma: che disastro! Ma verificare le notizie alla fonte è davvero così difficile? O è solo più comodo spargere zizzania sul nucleare approfittando del fatto che la notizia vera non la sa (quasi) nessuno?

lunedì 14 febbraio 2011

L’ironia degli stolti

Leggo con divertito sarcasmo la risposta della sempreverde Greenpeace alla “massiccia campagna a sostegno del ritorno al nucleare” portata avanti dal Forum Nucleare Italiano. Stando a Repubblica , l’associazione ambientalista considera l’iniziativa “Una campagna [...] scorretta sia nella forma che nei contenuti”. Le motivazioni, sempre stando all’intervista che Repubblica ha fatto a Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, sono sostanzialmente due: innanzitutto si dice che “L'azionista di maggioranza del Forum [...] è l'Enel, i soldi utilizzati per promuovere il ritorno dell'atomo sono quindi in gran parte soldi pubblici”. La seconda argomentazione entra nel merito degli spot (qui la versione estesa, insieme a una serie di risposte inclusa quella di Greenpeace) dicendo che sono “mistificatori perché con un tono apparentemente equidistante spacciano delle opinioni per informazioni”. In conclusione, dice sempre Repubblica, anche Greenpeace ha realizzato uno spot  che con ironia risponde alle argomentazioni dello spot di Forum Nucleare Italiano.

Bravi, ci piacete così: saldi nella vostra ignoranza. Anche io avevo trovato un po’ discutibile il tema della partita a scacchi in cui una persona gioca contro sé stessa a colpi di affermazioni buttate lì, creando forse un po’ di confusione. Credo però anche che in uno spot televisivo, davvero meglio di questo non si potesse fare...provate un po’ a cercare di essere imparziali, attirare l’attenzione e fare pubblicità costruttiva verso una posizione personale sul tema, il tutto in soli 45 secondi! Ma ai nostri amici arcobalenici non basta. Nossignori: tutto ciò che si dice sul tema deve essere in linea con la loro visione clorofilliana della realtà, altrimenti siamo tutti dei mistificatori al soldo dei cattivi padroni, pagati da Enel per rovinare il nostro bel pianeta a colpi di spot televisivi.

Vediamo ora di contarla giusta su alcuni punti:

1) Il presidente di Forum nucleare italiano, Chicco Testa (qui un’intervista), responsabile dell’iniziativa, è addirittura un ambientalista! Probabilmente c'è chi lo definirebbe "ex" ambientalista, visto che ha tradito la fede nel Nucleare Malvagio.

2) A testimonianza dell’imparzialità del forum, è facile notare che molte opinioni espresse sul forum stesso appartengono ad ambientalisti e pontificano apertamente contro l’energia nucleare. A rendere le accuse di imparzialità ancor più ridicole, lo stesso Onufrio ha rilasciato un’intervista sul Forum! Forse ha ragione: se danno spazio anche a lui, devono proprio essere faziosi...

3) Leggo testualmente dallo statuto del forum: “L'Associazione è costituita come ente culturale, formativo, a carattere non lucrativo, estraneo a qualsiasi partito e movimento politico e religioso.” Cioè: si tratta di una ONLUS, non di una società a fini di lucro. E infatti si legge più avanti che “I Soci Fondatori sono ENEL S.p.A. ed E.D.F. International S.A.”. I soci fondatori di una ONLUS sono  cosa ben diversa dai soci di maggioranza di una società per azioni! Qual è la differenza? Che qui il gioco che "chi paga di più comanda" non funziona...

4) per una volta tralascio le questioni tecniche della risposta ambientalista (scorie, costi, terrorismo, approvvigionamento di uranio) per ragioni di spazio; spero di poter cogliere l’occasione per parlarne diffusamente in un altro post.

5) ultima, ma non per importanza, la perla finale: “studi anche di provenienza istituzionale e industriale intravedono la possibilità di un futuro non troppo remoto con le energie verdi in grado di soddisfare il 100% dei consumi”. Mi scappa da ridere, (quali studi? A quali condizioni? Che cosa vuol dire “futuro non troppo remoto”?)  ma la questione è troppo lunga per esporla in due righe. Mi limito a rimandarvi al post precedente (“Il Nirvana dei pannelli solari”) e augurarmi che un giorno l’energia pulita sia davvero disponibile. Purtroppo, quel giorno è ancora molto lontano.