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lunedì 13 dicembre 2010

Turismo Radioattivo

Leggo con interesse l'articolo di Repubblica viaggi sull'intenzione del governo ucraino di annoverare il sito della tristemente famosa centrale di Chernobyl tra le "attrattive turistiche" della zona.
A parte le possibili reazioni indignate di chi ritiene questa l'ennesima trovata in barba alla memoria per i morti e feriti del celebre incidente, leggendo bene l'articolo è possibile rilevare almeno un grossolano errore.

Attenzione: non ho avuto tempo di verificare la notizia in sè, mi limito a segnalare quanto segue.

Ad un certo punto si legge che "[...] è il più grande disastro nucleare, almeno civile, della storia, con decine di morti diretti, 4 mila decessi accertati nella zona, per patologie correlate, e centinaia di migliaia che si pensa siano da attribuire alla fuoriuscita di materiale radioattivo, [...]". Ebbene, come ampiamente dimostrato sia dai dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità nell'aggiornamento del 2006 che dal consorzio del Chernobyl Forum di Wikipedia, in realtà gli unici decessi accertati furono quelli dei 3 operatori della centrale, dei 28 emergency workers morti nell'86 e dei 19 emergency workers deceduti successivamente, le cui morti tuttavia "non sono necessariamente, e in alcuni casi certamente no, direttamente imputabili all'esposizione alle radiazioni"(stessa fonte).

Oltre a questi, sono stati segnalati 4000 casi di tumore infantile alla tiroide in eccesso rispetto alla media precedente al disastro e nel periodo fino al 2002, che causarono tuttavia "solo" 15 decessi grazie all'altissimo tasso di guarigione di questo tipo di neoplasia, reso ancora più elevato dai controlli medici diagnostici a tappeto.
Poi ci sono 4000 casi di tumore che sono stati stimati sulla base della popolazione totale (6.000.000 di abitanti, fonte wikipedia) interessata in qualche modo dall'incidente estrapolando una tendenza (sulla base della relazione dose-danno nota) negli 80 anni che seguono dall'incidente (su una base di 1.500.000 morti totali per tumore che si stima si avranno per altre cause nello stesso periodo e sulla stessa popolazione). Presumo sia a questi ultimi che fa riferimento, grossolanamente, La Repubblica...c'è tuttavia una bella differenza tra ciò che è accertato e ciò che è stimato sulla base di un calcolo matematico, o sbaglio?

Senza voler introdurre il toto-incidente, gradirei inoltre ricordare che il peggior incidente industriale della storia, avvenuto a Bhopal (india) nel 1984, fece 3.787 morti immediati ed accertati (stime parlano di circa 15000!) + intossicazioni gravi a centinaia di migliaia di persone (eppure non se ne parla mai...) e contaminazione di una vasta area di terreno; al confronto di una tale ecatombe, onestamente, il pur gravissimo Chernobyl esce pesantemente ridimensionato.

Da ultimo, segnalo a chi fosse interessato all'aspetto "turistico" sollevato dall'articolo il blog di Elena Filatova per le foto ed i reportage molto interessanti sulla zona di esclusione. Comunque la si pensi, si tratta di una zona del mondo dalle peculiarità uniche (...e ci auguriamo rimangano tali).

venerdì 10 dicembre 2010

Il batterio dei miracoli


Ultimamente il lavoro mi ha completamente assorbito, tuttavia torno alla carica perchè sono veramente stufo della pseudoscientificità di alcune riviste. 

Nel numero 7 di Newton (settembre 2010) c’è un articolo dal titolo “La carica dei batteri”, a firma di Fabio Marzano. Nel paragrafo “Uranio ed erbicidi” a pag 34 si legge:

“Nei pozzi petroliferi, però, si sviluppano anche altre colonie di batteri, sperimentati di recente nelle tecniche di biorisanamento da metalli pesanti. Un gruppo di ricercatori della University of Missouri ha selezionato il Desulfovibrio vulgaris, un batterio mangia-uranio, in grado di rendere inerti le scorie radioattive. Sono microorganismi solfo-riduttori, in grado di “attaccare” i rifiuti nucleari e di ridurli minerali. Si trovano in ambienti diversi: dal corpo umano alle acque salate e dolci.
Gli scienziati sono oggi al lavoro per sequenziarne il codice genetico e ricostruirne il metabolismo, ma l’obiettivo futuro è identificare tutti i fattori che ne influenzano la crescita per ricreare in laboratorio una specie che si adatti a sopravvivere in condizioni critiche come quelle all’interno di una miniera di uranio. I batteri solforiduttori servono anche per bonificare le acque da altri metalli pesanti come mercurio, arsenico, cloro e piombo. [continua...]”

Alcuni commenti:
1) Stando alla wikipedia, il desulfovibrio vulgaris è un batterio che passa la sua giornata a ossidare i composti organici o l’idrogeno molecolare, riducendo i solfati in solfiti. In altre parole, questo simpatico essere monocellulare trae l’ossigeno dai composti dello zolfo e lo passa a composti del carbonio o dell’idrogeno. Non vedo a quale titolo questo batterio possa essere definito “batterio mangia-uranio” visto che per il momento l’uranio non c’entra davvero nulla.

2) Non capisco come le condizioni di una miniera d’uranio possano essere definite “critiche” visto che si tratta solitamente di cave a cielo aperto, cioè semplicemente zone di terreno aperto con una concentrazione di Uranio leggermente più elevata della media... O forse chi scriveva l’articolo di Newton non ha la minima idea di come sia fatta una miniera d’uranio (ved. l’espressione “all’interno”)? Già perchè aprire google, cliccare “immagini” e scrivere “uranium mine” evidentemente è troppo difficile...

3) Le scorie nucleari sono costituite da ogni sorta di elementi chimici in ogni tipo di isotopo; la percentuale di uranio lì dentro, pur elevata, costituisce ben poca parte della radioattività totale.  E allora come farebbe mai il nostro amico batterio a rendere inerti le scorie riducendo gli ossidi di uranio? Qualcuno spiega a questi signori che la radioattività è un fenomeno che proviene dal nucleo dell’elemento? E che l’ossido di uranio è esattamente tanto radioattivo quanto l’uranio metallico?

E Newton vorrebbe essere la rivista di divulgazione scientifica italiana? Signori, forse è meglio smetterla di riempirsi la bocca di termini che non si conoscono e mettersi ad approfondire a dovere le notizie.

mercoledì 3 novembre 2010

Il treno dei desideri

Leggo sul blog de Il fatto quotidiano di qualche giorno fa un invito a “far deragliare” il treno del nucleare, cioè a far naufragare l’iniziativa nucleare italiana.
Tanto per cominciare, il primo fatto concreto e comprensibile che si legge nell’articolo arriva non prima del fondo della riga 11 nel terzo capoverso (“Spiegare che si lavora per un prossimo nucleare sicuro significa ammettere che quello attuale non lo è. Ed equivale a impedire che si realizzi un sistema energetico già disponibile, alternativo alle infrastrutture degli affari, decentrato, rinnovabile, integrato nei cicli naturali, governato democraticamente.”). Prima di allora è puro delirio, un minestrone di presunta sapienza infusa di chi scrive, domande lecite cui non viene data risposta (“Perché mai i leader di governo occidentali [...] ridanno attualità al nucleare?”) e dozzinalismo degno del peggior giornalismo-spazzatura (“che dovrebbe piazzare impianti e scorie dalla pianura padana alle coste adriatiche e tirreniche”).
La frase citata come primo fatto concreto deve essere corretta in un paio di punti: prima di tutto c’è il solito concetto distorto di sicurezza. La sicurezza non è un bollino che possiamo mettere su un oggetto, bensì un modo di considerare la tecnologia e di raffinarla per garantire livelli di rischio sempre minori. In altre parole, nessuna tecnologia è “sicura” o “non sicura”, ma esistono gradi differenti di rischio per tutto. L’unica differenza dell’energia nucleare rispetto alle altre tecnologie moderne (in ogni ambito) è che per essa il rischio viene valutato e classificato (e perciò ridotto a soglie considerate “accettabili”), mentre per tutte le altre tecnologie non c’è semplicemente idea di quali rischi comportino.
Il secondo errore è considerare le fonti rinnovabili di energia in alternativa a quella nucleare. È un po’ come chidersi “mi compro un’automobile o una bicicletta?” Risposta: dipende da che uso ne devi fare. Le fonti rinnovabili sono ottime per produrre poca energia con una pronta disponibilità, facilmente regolabile e ideali per coprire i picchi di domanda in modo ecocompatibile. L’energia prodotta dai grandi produttori nucleari e termoelettrici è invece fondamentale per coprire le enormi esigenze quotidiane della gran parte del paese, specialmente quando le fonti rinnovabili, capricciose e incostanti, non sono in grado di produrre (è notte, non c’è vento, ecc).
Per quanto riguarda i costi, sinceramente non ho ben capito il problema: si continua, ovunque, a dire che il nucleare non è più economico (molte fonti sembrano sostenerlo; il discorso è complesso, ci sono ad esempio vantaggi nell’avere il costo molto più legato agli investimenti d’impianto che alle fluttuazioni del costo del combustibile, ma in generale è facile dimostrare che i costi sono assolutamente paragonabili a quelli attuali). Salvo poi sostenere che “non è mai sufficiente ripetere che i prezzi italiani dei consumi domestici [...] sono mediamente inferiori del 4% ai livelli medi europei per consumi popolari.” E quindi? Siamo allineati all’europa sulle bollette, il nucleare ci costa come il termoelettrico...dov’è il problema? Perché non dovremmo cercare di rientrare in un filone di tecnologia che alcuni ecologisti considerano tra le cosiddette energie verdi e che daranno lavoro e energia pulita a costi accettabili?
L’ultima frase è demagogia pura e non c’entra un fico secco con l’energia, salvo l’ultimo aspetto che è già stato commentato.

lunedì 25 ottobre 2010

Il meglio del meglio, da migliaia di anni

Nel TG Leonardo del 21 ottobre scorso si è parlato della riattivazione dei reattori sperimentali ENEA TRIGA e TAPIRO (qui qualche info sul reattore di Casaccia; il TRIGA è un modello noto, ce n'è uno anche al politecnico di Helsinki).

Devo segnalare che l'intervento del Dott. G. Lelli, commissario ENEA, contiene alcune imprecisioni. A parte l'evidente refuso/metafora sull'esperienza francese ("migliaia di anni di esperienza"...), l'intervistato sostiene che i reattori che costruiremo sono "il meglio del meglio, in fatto di sicurezza, che si possa immaginare oggi". A guardare la lista di problemi avutisi finora nella realizzazione dei pochi EPR presenti nel mondo (non sto a linkare, si trovano ovunque in rete!), si direbbe proprio che ciò non sia vero. Naturalmente occorre capirsi bene sulla reale gravità di certi problemi, indicati un po' da tutti gli ambientalisti col paraocchi come falle tremende quando si tratta di semplici problemi tecnici che non compromettono seriamente la sicurezza del reattore; tuttavia nutro forti dubbi che questo tipo di reattore sia molto più sicuro dei progetti concorrenti.

giovedì 21 ottobre 2010

Link interessante

Segnalo al volo questo link che ho trovato molto interessante e ben scritto. Ricordo, per chi volesse approfondire che al link di Giovedìscienza inserito nel blog (che riporto qui per comodità) si trova tuttora una conferenza tenuta a Torino qualche tempo fa proprio dall'Ing. Mathis che è citato nell'articolo. Buona lettura.

mercoledì 20 ottobre 2010



Interrompo brevemente la serie di sbufalamenti di Presa Diretta per segnalare un divertente articolo a firma Roberto Giovannini, sul quotidiano La Stampa.
Non ho tempo (purtroppo!) di verificare la tesi dell'articolo stesso; mi limito a segnalare un divertente refuso: nel secondo capoverso si legge testualmente che "Il progetto - che risale a 25 anni orsono - è quello di realizzare un gigantesco impianto idroelettrico dalla potenza di 600/700 Gwh."
Come si può verificare facilmente leggendo la brochure descrittiva dell'impianto, a pagina 20 si legge che la centrale produrrà 720 Gwh all'anno. Già perchè i Wh (Watt-ora) misurano la quantità di energia prodotta, NON la potenza! In effetti qualsiasi impianto su questa terra è in grado di produrre tutta quell'energia: basta dargli un tempo sufficientemente lungo per produrre. Ecco perchè solitamente si parla di potenza di un impianto, ovvero l'energia prodotta nell'unità di tempo (al secondo, se espressa in Watt).
720 Gigawattora in un anno (8760 ore) corrispondono a una potenza di 0,08219 Gigawatt, cioè 82,19 Megawatt (una ventina a centrale, essendo 4 in tutto). E' facile verificare che il "gigantesco impianto idroelettrico" ha un valore di potenza più che usuale per quel tipo di centrali.

lunedì 4 ottobre 2010

Presa diretta: Acqua radioattiva

Ad un certo punto si sostiene che, a causa degli scarichi passati di Sellafield, quando la legge era meno restrittiva, oggi nel “mare d’Irlanda” ci sono 200 Kg di Pu, che lo rendono “il mare più radioattivo del mondo”. Volendo fare un calcolo, sappiamo che nel mare si trovano circa 3 parti per miliardo di uranio, ovvero 3 mg per tonnellata d’acqua (http://www.wise-uranium.org/rup.html). Se l’area compresa nel  “mare d’Irlanda” è di 88.550.000.000 m2 e la profondità media è di 60 m come sostiene (questo sito di informazioni geografiche), allora risultano 5.313.000.000.000 m3 totali d’acqua. Una tonnellata d’acqua (distillata, l’acqua di mare pesa di più) è un metro cubo, quindi secondo questo calcolo nel mare d’irlanda ci sono più di 5.313.000.000.000 tonnellate d’acqua, ciascuna contenente 3 mg di Uranio. Quindi nel mare d’Irlanda ci sono più di 15.939.000.000.000 mg di Uranio (15939 tonnellate). A queste vanno naturalmente sommate le 0,2 tonnellate (200 kg) di plutonio rilasciato da Sellafield in 30 anni di funzionamento.  Se la quantità vi sembra risibile, va tuttavia precisato che il Pu239 (l’isotopo più comune) ha una emivita di 24000 anni (http://it.wikipedia.org/wiki/Plutonio), contro i  4,5 miliardi dell’U238 (http://en.wikipedia.org/wiki/Uranium). Ciò fa sì che il primo sia circa 200.000 volte più radioattivo di quest’ultimo; così 0,2 t di Pu239 emettono in teoria quanto 40.000 t di U, cioè due volte e mezza la radioattività naturalmente presente nel mare d’irlanda dovuta al solo Uranio. Considerato che in mare non c’è solo l’uranio di radioattivo (ma qui il discorso si complica), ne deriva che la radioattività totale immessa è sostanzialmente pari a quella naturalmente presente in acqua. Vorrei soltanto ricordare che questo valore è il totale emesso in 30 anni, non in un singolo momento.

Presa diretta: scarichi radioattivi

00:18:10 – siamo di nuovo in Inghilterra, nelle vicinanze dell’impianto di riprocessamento combustibile di Sellafield. Un autoctono ci spiega come “il riprocessamento consiste nella liquefazione delle scorie, da cui vengono poi separati i nuclidi ancora utilizzabili, come uranio e plutonio” e “questo processo tuttavia produce scorie, che vengono liberate qui, davanti a noi, nel mare”.
Stando a questo documento, l’associazione non governativa Greenpeace ha effettivamente accusato pubblicamente l’impianto di Sellafield di scaricare in mare le scorie a bassa attività che derivano dal riprocessamento delle scorie ad attività alta. Come potete leggere, secondo il rapporto 2005 del RPII (Radiological Protection Institute of Ireland) la quantità media di radioattività nel pesce è comunque inferiore a 1 Bq/Kg . C’è da dire che, in passato, le normative erano piuttosto lasche e consentivano livelli di inquinamento abbastanza elevati, in ambito chimico come in ambito nucleare. La speranza è che la nuova legislazione, più stringente, sia rispettata alla lettera così come era per le vecchie norme (l’inquinamento prodotto era infatti entro i limiti di legge dell’epoca, sostiene la stessa fonte).
00:21:50 – spunta un contatore geiger (giova ribadire: uno degli strumenti più semplici ed economici, quindi inaccurati, per rilevare la radioattività ambientale, qui qualche informazione ; utili tuttavia per avere un’idea dei livelli di radiazione presenti). L’intervistato rileva “10 scariche al secondo”, sostenendo che il fondo naturale dovrebbe essere “tra 5 e 7 scariche al secondo”. In generale, è piuttosto difficile dire quanti cps in un geiger costituiscono fondo naturale e quale soglia dev’essere considerata indicazione di qualcosa che non va: comunque stando a questo documento, la soglia di allarme indicata a chi deve fare dei rilevamenti si aggira attorno ai 100 cpm, cioè poco più di 1,6 cps per un geiger del tipo indicato. Un valore del genere corrisponde all’incirca a 28,6 mR/h, una dose di radiazione per la quale la fonte commenta “This value is certainly not of any health concern”.  Si tenga tuttavia presente che “dose = 0” non esiste in natura e che, in linea teorica, qualunque dose può determinare un effetto a lungo termine (per saperne di più sulle radiazioni ionizzanti).
00:22:10 l’intervistato esclama “ecco – siamo già a 10-12 cps, il doppio della radioattività naturale” e successivamente “è sicuramente colpa della centrale”. In entrambi i casi, l’affermazione è scorretta: innanzitutto misurare per un istante un valore “doppio del fondo naturale” è per sua natura non significativo, essendo un rumore statistico. Ma l’affermazione più grave è la seconda: dire che è sicuramente colpa della centrale nucleare che si trova a circa 5 km da lì (come sostengono nel filmato) è un po’ come trovarsi in città su una strada trafficata (fondo naturale) e cercare di attribuire la presenza in aria di una concentrazione elevata di CO2 alla ciminiera di una fabbrica distante 5 km...chi lo sa se ci sono altre fonti nei paraggi? A quale distanza? Quanto emettono? Se qualcuno pensa che non ci siano altre fonti di radioattività oltre agli impianti nucleari, guardatevi un po’ questo documento e poi mi dite.

Aggiornamento: l’allegro epidemiologo

Prosegue la serie di commenti alla puntata di "Presa Diretta" di domenica 19/09.

Al minuto 00:03:57 il Prof.  Hoffmann, co-autore del KIKK-Studium dice che è "Chiaro che l'aumento delle leucemie infantili ha a che fare con le centrali atomiche, altrimenti tutta l'indagine sarebbe stata totalmente assurda. Altrimenti avrei potuto fare le indagini attorno...alle buche delle lettere o attorno ai semafori. Ma io non l'ho fatto. Io ho fatto la ricerca attorno alle centrali nucleari. Il che significa che se trovo un rischio di aumento di cancro infantile questo ha per forza a che fare con le emissioni delle centrali nucleari”.

Queste affermazioni, da parte di un epidemiologo di fama, sono gravissime: come abbiamo ripetuto più volte, il KIKK studium è un case-control study e scientificamente, pur essendo molto accurato, non dimostra proprio nulla. Non è solo un’arrampicata sugli specchi: sostenere che esiste un legame tra l’aver effettuato lo studio con riferimento agli impianti nucleari e il fatto che questi siano la causa reale è concettualmente errato. È proprio il punto che gli si contesta: è come se io sostenessi che la temperatura media estiva è in aumento guardando l’evoluzione dei costumi da bagno nell’ultimo secolo. Si sono ristretti vistosamente, eppure la ragione non è evidentemente il (presunto o reale) riscaldamento globale, ma l’evoluzione della moda nel mondo civile.
Ora, se questo signore pensa di essere divertente citando la possibilità di studiare l’influenza sulle leucemie infantili delle cassette delle poste e dei semafori, vorrei ricordargli che stiamo parlando della salute dei nostri figli e che ci aspettiamo da lui il massimo rigore scientifico e la massima imparzialità.

Casomai vi fossero dubbi sull’interpretazione da dare all’affermazione del dott. Hoffmann, a seguire egli rincalza: "questo studio ha dimostrato chiaramente che il rischio c'è e che non possiamo più affermare che le emissioni delle centrali nucleari non danno nessun tipo di problema di salute". Come abbiamo visto poc’anzi, quest’affermazione è semplicemente falsa.

mercoledì 22 settembre 2010

Il KIKK Studium

Il nostro intervistatore comincia immediatamente il suo terrorismo mediatico presentandoci la prova provata del collegamento tra l’insorgenza di leucemia infantile e la vicinanza alle centrali nucleari! Si tratta del KIKK-studium, così lo chiama egli stesso, studio compiuto da un’equipe capitanata dal prof. Kaatsch, il quale lavora in una clinica per cura delle malattie infantili di Hannover (e qui gli amanti del conflitto di interessi hanno di che sbizzarrirsi).
Potete trovare informazioni utili sullo studio qui e  un efficace commento in inglese qui .
Come si evince chiaramente dal commento, si tratta di un cosiddetto studio del tipo “caso-controllo” (Case-control). Una veloce occhiatina alla sempreverde wikipedia ci chiarisce qual è il problema di questo tipo di studi, oltre a permetterci di capire perchè il commentatore del link sopra è così cauto. Uno studio case-control è una retrospettiva mirata ad evidenziare i casi importanti per confermare una teoria: se usato come prova dell’esistenza di un effetto non previsto, semplicemente perde di validità! In teoria, io potrei usare un case-control per dimostrarvi che rompendo uno specchio è più probabile essere soggetti ai proverbiali sette anni di guai: basta prendere tutti i casi di persone che hanno avuto guai negli ultimi sette anni e chiedere loro quanti hanno rotto uno specchio. Se la percentuale è abbastanza elevata...voilà! Ecco la relazione cercata. Come intuite, questo modo di procedere attraverso esperimenti “osservativi” ha una grossa tara di fondo, insita nella presenza dei cosiddetti “confounding elements”: fattori nascosti, difficili da isolare e filtrare, che possono falsare la ricerca molto facilmente. Per esempio, potrei dimostrarvi che ascoltare la musica anni ’20 rende sordi: prendete un campione di persone che ascolta questo tipo di musica e vedrete che ci sono molti sordi tra loro. Già, ma molti che ascoltano musica anni ’20 sono piuttosto avanti con l’età e potrebbero avere qualche problema di udito...no? Se poi  nel nostro studio stiamo parlando di aumenti di incidenze dell’ordine dell’1 su 100000 (sempre la wiki con le sue fonti: 256.000 affetti su una popolazione totale di circa 7 miliardi, ignorando la distinzione tra bambini e adulti) e si esegue lo studio su 1592 casi e 4735 controlli totali (come dice il giornale ufficiale della confederazione nazionale dei medici tedeschi) l’inadeguatezza dell’analisi mi sembra palese.

00:10:39 – Si parla di valutazioni indipendenti richieste dal governo tedesco per giudicare l’attendibilità dello studio KIKK di cui abbiamo già parlato sopra. Il commento a voce dell’intervistatore è “Sulla validità scientifica non ci sono dubbi, tuttavia si dice che occorrono nuovi studi per verificare l’attendibilità dei risultati. Quegli studi non sono mai cominciati”. Ecco la vena complottista che spunta! Perchè i cattivoni del governo non hanno mai avviato gli studi? Temono forse che i risultati dello studio “attendibilissimo” siano confermati? Niente di tutto ciò.
Semplicemente: come detto in precedenza, il KIKK è un case-control study, buono per validare un risultato già previsto dalla teoria ma insufficiente per analizzare nuove situazioni. Alla luce di ciò, dato che la teoria non prevede che ci sia alcun reale effetto e che una ricerca più accurata ha costi molto elevati, probabilmente il governo ha deciso di soprassedere. In effetti, se io vi indicassi un risultato assurdo con uno studio che non è statisticamente affidabile nel dimostrarlo, voi spendereste ulteriori soldi per compiere uno studio più accurato?

Presa diretta. Sì, per i fondelli.

Domenica sera è andata in onda su RAI 3 una puntata della trasmissione Presa Diretta a tema l’energia nucleare. Purtroppo (o per fortuna?) ero in viaggio e non ho potuto guardarla, ma grazie a questo link sto recuperando.

Dopo il servizio di Report di un paio d’anni fa, onestamente non mi aspettavo granchè: solitamente queste trasmissioni mirano più a scandalizzare e portare avanti la propria tesi che non a offrire una trattazione accurata e imparziale sull’argomento. 
Non pensavo tuttavia che sarebbero arrivati a tanto: mentre scrivo ho esaminato con cura soltanto i primi 22 minuti di trasmissione, ma mi sento già nauseato. Non c’entra l’opinione che uno ha sulla questione nucleare: la trasmissione è costruita in maniera tale da fare letteralmente misticismo e terrorismo psicologico, facendo passare qualunque autorità in materia per gli orchi cattivi che riducono in schiavitù l’umanità e lucrano sulla salute della gente, approfittando della loro ignoranza. Si utilizzano dati distorti e commenti parziali per gettare fango sulla dignità e sull’impegno di migliaia di onesti lavoratori del settore e si sfrutta la scarsa conoscenza della radioattività da parte della gente comune per diffamare e spargere terrore gratuito. Complimenti, proprio una bella trasmissione. Di seguito i miei commenti, episodio per episodio, suddivisi in più post per leggibilità. Non intendo convincere nessuno, non si tratta di “Fede” nel nucleare, ma soltanto di dire le cose come stanno davvero.
Paolo

lunedì 20 settembre 2010

Reattori nucleari fossili. E adesso che facciamo, protestiamo contro la Natura?

Segnalo ai lettori il blog di Paolo Attivissimo, che stamattina parla della scoperta, in realtà più vecchia, di una sorta di reattore nucleare artificiale. Si tratta naturalmente di una montagna contenente una vena di minerale uranifero. Poichè un tempo l'arricchimento in 235 dell'uranio naturale era maggiore di oggi (a causa della differenza nelle costanti di decadimento, tali per cui il 235 decade più rapidamente del 238), in determinate condizioni la vena di uranio si "accendeva", avviando una reazione di fissione nucleare spontanea! Ciò avveniva in particolare in presenza di infiltrazioni d'acqua, per esempio durante un temporale.

Oltre al valore folkloristico della scoperta, esiste un'utilità pratica per la scienza nucleare umana: dopo due milioni di anni, ci è possibile verificare che i prodotti di fissione (cioè le scorie) prodotte da questo reattore naturale NON hanno contaminato minimamente l'ambiente circostante, nonostante fossero abbandonate a loro stesse.  Ciò conferma che il trattamento (a maggior ragione perchè controllato) delle scorie nucleari è assolutamente possibile e molti dubbi avanzati sulla sicurezza dei rifiuti nucleari dovrebbero probabilmente essere molto ridimensionati.

Sul blog di Attivissimo trovate tutte le informazioni necessarie: http://attivissimo.blogspot.com/2010/09/reattori-nucleari-fossili-non-e-una.html

lunedì 13 settembre 2010

Diamo un po’ i numeri

Vagabondando per la rete, scopro questa pagina: www.energoclub.it/doceboCms/page/34/Fonti_primarie_Nucleare.html
Il testo contiene alcuni errori madornali che è bene correggere. Di seguito la pagina con i miei commenti in grassetto:

Uranio per l'energia nucleare
La fonte energetica primaria utile al funzionamento delle centrali termo-elettronucleari è ricavata, all'attuale stato dell'arte, dall'uranio, più precisamente dall'isòtopo U-235.
Solo una precisazione formale: termo-elettronucleari non si usa, elettronucleari o semplicemente nucleari.

Riserve globali di Uranio
Quasi il 90% dei minerali contenenti uranio utilizzabile è concentrato in soli 10 paesi :

 1. Australia           1143000   Tonnellate
 2. Kazakhstan        816099  
 3. Canada              443800  
 4. USA                  342000  
 5. South Africa       340596  
 6. Namibia             282359  
 7. Brazil                278700  
 8. Niger                 225459  
 9. Russia              172402  
10. Uzbekistan       115526

L'italia ha giacimenti per 6.100 tonnellate, sufficienti ad alimentare per 30 anni una sola centrale EPR, quindi il nucleare è inadatto a sviluppare indipendenza energetica in Italia e nella maggior parte degli altri paesi.
In realtà, la dipendenza energetica in campo nucleare si palesa in maniera differente: non è tanto il rifornimento di combustibile ad essere importante, quanto il processo di preparazione ed arricchimento. Come sostiene anche Mathis (http://www.extramuseum.it/giosci/modules/conferenze/article.php?storyid=49) la Francia ha riserve di combustibile per anni nello spazio di un capannone industriale, ma dipende dall’estero per arricchirlo al livello necessario per i suoi reattori. Per questo motivo, sostenere che le esigue riserve nazionali (che mi risulta siano anche difficili da estrarre) rendano il nucleare inadatto a sviluppare l’indipendenza energetica mi sembra quantomeno semplicistico: l’indipendenza energetica da paesi politicamente instabili mi sembra già un bel traguardo, specialmente se confrontata con l’annosa dipendenza del nostro paese dai paesi arabi per il petrolio e dai paesi slavi per il gas.

Densità energetica
La fissione di un grammo U-235 produce 68 GJ di energia termica, questo dato spesso lascia ad intendere che i sistemi ad energia nucleare siano ad altissima densità energetica, ma U-235 non si trova libero in natura, un grammo di U-235 si ricava, mediamente, da 7 tonnellate di minerale lavorato in miniera.
Di conseguenza il potere calorifico del minerale contenente U-235 è, mediamente, di 10 MJ/kg
Il potere calorifico del petrolio è di 42 MJ/kg, quello del carbone di 30 MJ/kg e per la legna 17 MJ/kg, quindi dire che il nucleare implica una fonte energetica ad altissima densità è per lo meno opinabile, nel migliore dei casi è comunque sullo stesso ordine di grandezza degli altri combustibili.
Considerato che l’uranio naturale contiene circa il 7 per mille di U235 (http://en.wikipedia.org/wiki/Uranium), ciò significa che in 1 Kg (1000 g) di Unat ci sono 7 grammi (e rotti) di 235 e 993 g di 238 e 234.  Quindi, per avere in mano 1 grammo di U235 occorre possedere circa 1000/7=143 grammi di uranio naturale.

Diverso è il discorso se vuole stringere in mano un blocchetto di Uranio 235 PURO; in tal caso occorre arricchire questo uranio nella percentuale di 235, impoverendone dell’altro (tipicamente allo 0,3%). Ciò implica usarne molto di più: secondo http://en.wikipedia.org/wiki/Enriched_uranium,  è possibile arricchire al 4,5% 10 Kg di Uranio (cioè portarli al 4,5% di 235) impiegando solo 100 Kg di uranio naturale. Il processo determina uno scarto di uranio impoverito (uranio naturale dal quale è stato “rubato” il 235) con una percentuale residua di 235 pari allo 0,3%.  Seguendo il ragionamento, per avere un blocchetto di 235 puro (99,99%) serviranno tipicamente molte tonnellate di uranio naturale, ma tale livello di arricchimento non è mai usato in nessuna centrale!

Quindi sostenere che IN GENERALE occorrono 7 tonnellate di uranio naturale per avere 1 grammo di U 235 è una bestialità enorme: ne basta molto meno per far funzionare praticamente qualunque centrale in commercio; senza contare che alcuni tipi di centrale (per esempio i CANDU http://it.wikipedia.org/wiki/CANDU) lavorano direttamente in uranio naturale, quindi non richiedono alcun processo di arricchimento.

Per quanto riguarda i calcoli sul potere calorifico equivalente, 68GJ/g corrispondono dunque a:

68.000.000 MJ/Kg di U235 PURO (comunque sia stato ottenuto...mica si diluisce con l’arricchimento!)
476.000 MJ/Kg di U naturale (estratto dalla miniera e fatto funzionare p.e. in un CANDU)
3.400.000 MJ/Kg di U arricchito al 5% (come quello in uso negli EPR).

Complimenti per la bestialità.

Mercato e costo della materia prima
Come si evince dal grafico sotto riportato il costo della materia prima da cui si ricava il "combustibile" nucleare è aumentato dell'800% in pochi anni, questo indica che:
  • La materia prima è scarsa, alcuni analisti ritengono che il picco di estrazione dell'uranio sia più imminente del picco del petrolio
  • I pochi paesi grandi produttori possono formare un cartello per imporre il prezzo di mercato
  • I paesi non produttori sono quindi soggetti a subire i prezzi dei paesi produttori, come avviene per il petrolio.
Le attuali centrali nucleari non subiscono comunque una grossa penalizzazione dall'aumento esponenziale del costo dell'uranio, in quanto lo stesso incide marginalmente sulla componente di costo, in ultima analisi un aumento dell'800% del prezzo della materia prima incide per un 20% di aumento del costo del kWh prodotto in centrale. Questo non esclude però che la costruzione di nuove centrali porti ad un aumento insostenibile del prezzo dell'uranio, il vero rischio sta nel fatto che il mercato non riesca a soddisfare aumenti di domanda della materia prima.
Non ho parole...praticamente si sbufalano da soli. Per confronto si consideri che, se in un impianto nucleare circa il 70% del costo al Kwh è dato dall’ammortamento del costo di costruzione dell’impianto, mentre il restante 30% è costo del combustibile, per un impianto a combustibili fossili è circa il contrario. L’incidenza delle fluttuazioni di prezzo, naturalmente, viaggiano in proporzione.
Per quanto riguarda il fatto che il mercato dell’estrazione stia dietro alla domanda, mi pare che sia così per tutte le materie prime...chissà perchè non dovrebbe funzionare allo stesso modo per l’Uranio.
fonte e approfondimenti
www.uxc.com/review/uxc_g_30wk-price.html
www.uxc.com/fuelcycle/uranium/production-uranium.html 
www.wise-uranium.org/umaps.html?set=ures  
Segnalo che i primi due link forniti non sembrano funzionare.

martedì 7 settembre 2010

Bufale Nucleari Assortite

Inauguro il blog con il commento alle “10 buone ragioni” addotte dal WWF per non volere il nucleare in Italia (http://www.wwf.it/UserFiles/File/AltriSitiWWF/Toscana/Documenti%20WWF%20Toscana/documenti%202010/appello-nonuke.pdf ). 
Indipendentemente da come uno la pensa, certi dati citati senza fonte (e assolutamente contestabili) e soprattutto le drammatizzazioni e mistificazioni di questioni tecniche ben note sono un male da estirpare. In corsivo le affermazioni del WWF, i miei commenti sono in grassetto tra le righe.

1. NUCLEARE E PETROLIO – Le centrali nucleari producono solo energia elettrica, che è meno di 1/5 dei consumi energetici di ogni paese. La scelta del nucleare non riduce la dipendenza dal petrolio: la Francia produce il 78 % dell’energia elettrica dal nucleare, ma importa più petrolio di noi, ed ha i consumi di petrolio pro capite più alti d’Europa.
Questo discorso mischia cose diverse: la produzione di energia elettrica con metodi puliti ed il consumo di petrolio che non è solo legato alla produzione di energia elettrica ma serve anche per altri scopi, come ad esempio il trasporto. Produrre energia elettrica pulita e a buon mercato porta naturalmente a spostare i consumi verso di essa, riducendo anche la parte non elettrica e “ripulendo” tutto il sistema. Se in Francia consumano tanto petrolio (fonte?), non lo bruciano nelle centrali elettriche (se non in minima parte: http://www.developpement-durable.gouv.fr/IMG/pdf/Repere.pdf ) ma lo usano per scopi cui è più consono. Molte attivita' che da noi sono svolte consumando petrolio (per esempio il trasporto delle merci), in Francia sono basate sul consumo di energia elettrica (trasporto su rotaia anziche' su gomma).

2. IL COMBUSTIBILE – Le riserve di uranio sono limitate: ai ritmi di consumo attuali si esaurirà in pochi decenni, ma se verranno costruite nuove centrali la sua disponibilità durerà ancora meno ed il prezzo aumenterà esponenzialmente.
Come brillantemente esposto dall’Ing. A. Mathis, nella conferenza che tenne l’anno scorso a Torino per Giovedìscienza (http://www.extramuseum.it/giosci/modules/conferenze/article.php?storyid=49) le fonti di uranio assicurano una disponibilità ben maggiore di pochi decenni. Questo grazie ad alcuni stratagemmi tecnici interessanti: per esempio lo sfruttamento del Plutonio prodotto dai reattori veloci a partire dall’U238 (99% circa del totale dell’uranio naturale), il che permetterebbe di moltiplicare per 100 la sua disponibilità (stessa fonte). Stesso discorso si può fare per lo sfruttamento del Torio 242, presente in natura con una abbondanza assai maggiore (secondo la WNA http://www.world-nuclear.org/info/inf62.html 2.6 milioni di tonnellate) e può essere sfruttata nei reattori veloci. Inoltre, è possibile estrarre sia Torio che Uranio dall’acqua di mare, dove sono presenti 4,4 miliardi di tonnellate di uranio. Infine, persino nelle ceneri delle centrali a carbone risulta esserci, secondo Mathis, grande disponibilità di uranio da estrarre. Lancio una provocazione: si potrà dire la stessa cosa delle riserve di idrocarburi?
 Inoltre il mercato dell’uranio è dominato da una lobby molto ristretta: sette società controllano l’85% dei giacimenti mondiali e quattro società forniscono il 95% dei servizi di arricchimento. Inoltre l’Italia non possiede Uranio e dipenderà completamente da altri paesi per il suo approvvigionamento.
Al solito, niente fonti, ma prendiamo i dati per buoni. Mi sembra che anche le società che controllano gas e petrolio siano poche e sempre le stesse (curiosa l’assonanza con le famose “sette sorelle del petrolio” di Matteiana memoria), quindi differenziare la produzione inserendo tra i fornitori anche le sette dell’uranio mi pare solo un miglioramento, o sbaglio? Mi risulta poi che per il petrolio dobbiamo affidarci in gran parte a paesi politicamente disastrosi quali quelli arabi e nordafricani e per il gas nazioni quali Russia, Ucraina, Algeria e Libia che hanno già dimostrato la loro simpatica intenzione di chiudere i rubinetti alla prima intenzione nostra di cercare di svincolarci dal loro monopolio. I principali paesi estrattori di uranio sono (fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Uranio) Russia e alcuni paesi dell’africa nera, ma anche i ben più stabili Stati Uniti d’America, Canada e Australia, oltretutto da anni nostri alleati politici. Ecco i vantaggi.

3. I COSTI – Una valutazione realistica dei costi del nucleare deve tener conto non solo della costruzione delle centrali ma dell’intero ciclo di vita con particolare riguardo ai costi differiti dovuti al deposito delle scorie e allo smantellamento delle centrali di cui non si conosce ancora l’esatta incidenza. Considerati gli enormi costi di costruzione, le centrali nucleari non sono un affare per i privati a meno di ricevere ingenti sovvenzioni dallo stato, come conferma la recente decisione di Obama.
Come è ben noto agli addetti al settore, i costi di smantellamento sono dell’ordine del 5% del costo al Kwh (fonte: http://www.world-nuclear.org/info/inf02.html) e sono già accantonati a priori, al momento della costruzione della centrale. La stessa fonte mostra con dovizia di particolari come i costi al Kwh in diversi paesi, incluse tutte le voci elencate, siano poco o molto più bassi dei costi delle altre fonti possibili.
Un esempio per tutti: la Germania, dove il nucleare costa 5 cent/kwh, il carbone tra 7 e 7,9, che scende fino a 6,8 con la cogenerazione, il gas 8,5 e l’eolico 10,6. Tutti gli altri paesi sono in accordo con questo trend. Anche il sito www.progettoenergia.org conferma il trend e le considerazioni a riguardo.
 La costruzione del primo reattore EPR francese di nuova generazione in Finlandia (Olkiluoto) incontra grandissimi problemi, che hanno già causato rilevanti aumenti dei costi e dei tempi di costruzione.
Nonostante ciò e senza che esista un’esperienza concreta del loro funzionamento (l’ente regolatore degli USA non lo ha neanche licenziato), l’ENEL vorrebbe ordinarne almeno 4!
Immagino sia più che normale che lo European Pressurized Reactor non sia stato ancora licenziato dall’ente regolatore USA, visto che è di progettazione europea! L’AREVA, azienda francese  realizzatrice del reattore lo sta ora commercializzando negli USA come Evolutionary Power Reactor e non ha ancora ottenuto la licenza dalla Nuclear Regulatory Commission (http://www.nrc.gov/reactors/new-reactor-op-lic/licensing-process.html), attività lunga e onerosa che lo stesso NRC prevede si completerà nel 2011 (http://www.nrc.gov/reading-rm/doc-collections/fact-sheets/new-nuc-plant-des-bg.htmlEPR - Areva submitted its EPR certification application on Dec. 11, 2007. The staff expects the certification process to continue through 2011.”). Naturalmente, questo non significa affatto che non sia un reattore sicuro, potente e/o all’avanguardia, nonostante i problemi costruttivi riscontrati in Finlandia (Olkiluoto 3) e in Francia stessa (Flamanville) che sono in via di soluzione ma hanno causato ritardi. 

4. LE EMISSIONI DI CO2 – Il processo di fissione del combustibile nel reattore non produce emissioni di CO2, che sono invece presenti in tutte le altre fasi: dall’estrazione e lavorazione dell’uranio, all’arricchimento (l’impianto di Paducah, nel Kentucky, utilizza due centrali a carbone da 1000MW), alla costruzione della centrale (che richiede enormi quantità di cemento e acciaio) fino alle fasi di stoccaggio delle scorie e di demolizione della centrale.
Anche per le centrali di qualunque altro tipo mi risulta valga lo stesso discorso. Se prendiamo le rinnovabili poi, con le quali si vorrebbe sostituire il nucleare (cosa tra l’altro sostanzialmente impossibile per ragioni tecniche – spero di parlarne a breve in un intervento dedicato), è facile verificare che la richiesta di energia per costruire la centrale (e di conseguenza l’inquinamento prodotto per generare questa energia) tende ad essere enormemente maggiore, a parità di potenza installata (http://it.wikipedia.org/wiki/Ritorno_energetico_sull'investimento_energetico). Si veda ad esempio il fotovoltaico, che in alcune formule ormai obsolete richiedeva per ripagarsi un tempo superiore alla vita stessa del pannello (http://www.aspoitalia.it/documenti/bardi/eroei/eroei.html ).
Alla fase di estrazione sono associate le maggiori emissioni di CO2: basta pensare che per ottenere 1 Kg di uranio da un giacimento che ha un grado di concentrazione dello 0, 1% (la media mondiale è dello 0,15%) occorre estrarre e lavorare 1 tonnellata di minerale. Un calcolo rigoroso porta a concludere che l’intero ciclo nucleare comporta oggi emissioni minori rispetto al termoelettrico, ma che aumenteranno vertiginosamente quando si dovrà estrarre l’uranio da giacimenti più poveri.
Abbiamo già visto che ci sono ampie riserve di uranio estraibile a costi e impatti sull’ambiente del tutto confrontabili con le attuali tecniche (http://www.extramuseum.it/giosci/modules/conferenze/article.php?storyid=49 ).
Non bisogna inoltre dimenticare che, poiché i 439 reattori in funzione coprono meno del 6% del consumo di energia mondiale, se anche si costruissero centinaia di nuovi reattori si avrebbe un contributo minimo all’abbattimento della CO2, a fronte di investimenti di migliaia di miliardi nei pochi anni nei quali è richiesta la riduzione della CO2, evidentemente incompatibili con la situazione finanziaria mondiale.
Perfetto, quindi cosa consigliate? Di investire sulle fonti rinnovabili, costosissime e inadatte a sostituire completamente la generazione termoelettrica (v. sezione fonti rinnovabili di www.progettoenergia.org )? E che presentano rapporti energia prodotta-energia consumata (EROEI it.wikipedia.org/wiki/Ritorno_energetico_sull'investimento_energetico ) ben peggiori? O preferiamo continuare ad asfissiarci con i combustibili fossili fino a esaurirli?

5. SICUREZZA E SALUTE – Si accumulano studi scientifici che dimostrano aumenti di leucemie infantili ed altre malattie nelle popolazioni che vivono attorno alle centrali nucleari. Segno evidente che rilasci radioattivi si verificano nel normale funzionamento dei reattori, anche se ufficialmente vengono sottaciuti.
Mi sto tenendo la pancia dalle risate. E quali sarebbero questi fantomatici studi? Mica state parlando dei tanti studi che partono sparati e poi...ops, ma come non risulta nulla? Sarà mica perchè, incredibilmente, le centrali nucleari NON sono radioattive, almeno non più del fondo naturale che è presente ovunque (www.progettoenergia.org sezione ecoballe, ecoballa n°10)? Tanto per capirci, è molto più radioattiva una centrale a carbone (http://www.extramuseum.it/giosci/modules/conferenze/article.php?storyid=49) di una nucleare, solo che quella nucleare monitora le proprie emissioni radioattive, mentre quella a carbone no...
Questi si aggiungono ai rilasci inevitabili nei frequenti incidenti (spesso minimizzati o negati dalle autorità), sommandosi ad altri inquinanti e danneggiando gravemente la salute della popolazione: le malattie tumorali sono in aumento, anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità denuncia un preoccupante incremento nella diffusione dei tumori a livello mondiale.
Qui smetto di ridere e torno serio. È ora di finirla con la diffusione dell’ignoranza su temi di questa importanza. Prima di tutto i famosi “frequenti incidenti” sono in realtà guasti o intoppi che determinano rilasci di radioattività nulli e a volte sono addirittura praticamente ininfluenti sulla produzione stessa di energia (qui le fonti sono molteplici, ma il grado di mistificazione è talmente elevato che toccherà vederli in separata sede e commentarli a dovere).
Ora due parole importanti sull’equazione “tumore = radiazioni”. Se l’OMS segnala un incremento della diffusione dei tumori a livello mondiale, sarà colpa della pochissima radioattività emessa delle 440 controllatissime centrali nucleari che operano nel mondo o dei miliardi di metri cubi (www.progettoenergia.org) di gas tossici e particolati cancerogeni emessi in atmosfera dalle migliaia di impianti chimici, industriali e termoelettrici a combustibili fossili? Pensiamoci: ogni volta che diamo la colpa al nucleare senza pensarci su, stiamo facendo un gravissimo errore, che ci allontana dalla realtà. In questo modo, chi ci avvelena poco alla volta tutti i giorni ha campo libero, grazie al fatto che “tanto la colpa è del nucleare”. Complimenti.
 I reattori di terza generazione come l’EPR sono proposti come molto più sicuri, ma stanno emergendo inquietanti problemi di sicurezza, denunciati ufficialmente il 22 ottobre 2009 da tre Agenzie di Sicurezza europee, che hanno richiesto modifiche al sistema di controllo del reattore giudicandolo inadeguato a far fronte ad una situazione di emergenza. L’Autorità di Sicurezza Finlandese ha riscontrato ben 2.100 difformità nella costruzione del reattore EPR a Olkiluoto e ha bloccato i lavori.
Al solito, per chi non conosce la disciplina scientifica nota come Sicurezza, è facile prendere alcune note tecniche importanti  e farle passare per “inquietanti problemi di sicurezza” (soprattutto se in mala fede). Nella fattispecie, l’EPR è stato oggetto di attenzione recentemente perchè si sono scoperte alcune CCF (Common Cause Failures, guasti di causa comune) tra i sistemi di controllo di emergenza e i sistemi di controllo principali (fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Reattore_nucleare_europeo_ad_acqua_pressurizzata). Inoltre, sempre secondo Wikipedia e le sue fonti, l’EPR presenta “gravi rischi in merito a repentine escursioni di potenza con il rischio di crisi di ebollizione, esplosioni di vapore (in grado di danneggiare seriamente il reattore e le barriere di contenimento) ed altresì il rischio di espulsione violenta delle barre di controllo” (fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Reattore_nucleare_europeo_ad_acqua_pressurizzata). Faccio notare che pensare a “repentine escursioni di potenza” per un reattore nucleare è un po’ come pensare di passare la giornata in macchina a sgasare al semaforo: si può fare, e naturalmente la cosa non deve mettere in pericolo l’utente, ma non è la condizione di normale funzionamento.  Quanto al fatto che in queste condizioni limite, le repentine esplosioni di vapore possano mettere in pericolo il reattore stesso e le barriere di contenimento...mi pare che un doppio edificio di contenimento in cemento armato precompresso con guaina d’acciaio interna, garantito a prova di impatto aereo (già dai tempi di Trino Vercellese, 1964 http://it.wikipedia.org/wiki/Centrale_elettronucleare_Enrico_Fermi ) possa essere realisticamente sufficiente a contenere un po’ di vapore in pressione, no? Se d’altronde la fonte di questa informazione per wikipedia si chiama “sortir du nucleaire” (uscire dal nucleare, http://www.sortirdunucleaire.org/actualites/dossiers/EPRrevelations/SDN_1_EPR_une%20technologie_explosive.pdf ) non ci si può certo aspettare che non ne approfittino, esagerando i reali pericoli.
Siamo realisti: questi sono problemi da affrontare con serietà, ma non implicano assolutamente che il reattore sia intrinsecamente pericoloso!

6. LE SCORIE RADIOATTIVE – Comprendono il combustibile esaurito e tutto ciò che è stato contaminato dalle radiazioni, cioè i materiali utilizzati per il funzionamento della centrale ed il reattore stesso, che a fine ciclo andrà smantellato. Nessun paese ha ancora trovato una soluzione sicura al problema delle scorie, che devono essere custodite per tempi che possono raggiungere le centinaia di migliaia di anni.
Veramente è il contrario: tutti i paesi civilizzati hanno trovato il loro bravo sito di stoccaggio delle scorie. In particolare per le scorie ad alta attività (www.progettoenergia.org sezione rifiuti radioattivi oppure http://www.ingegnerianucleare.net/Tematiche/4SN/4SNscorieA/4SNscorieA_classificazione/4SNscorieA_classificazione.htm ) si effettua la vetrificazione delle scorie e il risultato, inserito in bidoni a prova di tutto (http://www.archivionucleare.com/index.php/2009/11/25/scorie-radioattive-mito-ridimensionare/) viene poi immesso in siti di stoccaggio sotto 800 m di terra. I gas tossici del termoelettrico invece ce li respiriamo tutti i giorni, già...e senza bisogno di incidente. Occorre poi anche spiegare che (www.progettoenergia.org sezione rifiuti radioattivi, ma anche WIKIPEDIA? e il libro di Piero Angela e Lorenzo Pinna “Energia, la sfida del secolo” e molte altre fonti) se si applica il riprocessamento, cosa sempre più in uso recentemente, una centrale da 1000 MW elettrici (circa 3000 MW termici) produce all’anno qualcosa come 3 m3 di scorie ad alta attività. Vogliamo confrontarle con i MILIARDI (www.progettoenergia.org ma lo si deduce facilmente da qualche calcolo basato su potere calorifico del petrolio e stechiometria di reazione) di m3 di gas tossici e/o cancerogeni buttati in atmosfera costantemente da una centrale termoelettrica di pari dimensioni?
Si sono sviluppati invece traffici illegali per lo smaltimento nei paesi del terzo mondo, con un criminale risparmio sui costi e conseguenze sanitarie ed ambientali facilmente prevedibili.                       
I pur limitati programmi nucleari dell’Italia hanno lasciato in eredità quattro centrali da smantellare, grandi quantità di fusti con scorie radioattive, provvisoriamente collocati all’interno delle centrali o inviati all’estero, con rilevanti spese per la custodia e gli affitti. Questa situazione costituisce un rischio permanente per l’ambiente e la salute. Nell’interesse generale sarebbe logico risolvere questi problemi, prima di prendere in considerazione la realizzazione di nuove centrali.
Per quali ragioni tutto ciò dovrebbe comportare rischi per la salute? Ma voi sapete cosa vuol dire radioattivo? Un materiale radioattivo è tossico, esattamente come una sostanza velenosa, solo se viene a contatto con noi in qualche maniera. L’influenza sull’ambiente circostante di tutte le scorie stoccate nelle nostre centrali o portate in giro nei treni di scorie è ovviamente nulla (per maggiori informazioni si veda ancora l’ottimo www.progettoenergia.org, sezione ecoballe, ecoballa n°12 ma anche http://www.archivionucleare.com/index.php/2009/11/25/scorie-radioattive-mito-ridimensionare/). Per inciso, in occasione del disastroso incidente ferroviario di Viareggio ci sono state 32 vittime accertate (http://it.wikipedia.org/wiki/Incidente_ferroviario_di_Viareggio). Ho letto in tale occasione un articolo di La Stampa che paragonava i convogli con cisterne di GPL come quella che esplose a “tante chernobyl in giro per il paese” (paragone quantomai inadeguato, per mille motivi tra cui quello che segue) e concludeva con la domanda fatidica “che cosa sarebbe successo se al posto del GPL ci fossero state scorie nucleari?” Facile risposta: molto meno di quello che è accaduto. Intanto, viste le ridondantissime misure di sicurezza, tra le quali una velocità massima di 40 km/h e la scorta continua, bisogna dimostrare che sarebbe successo qualcosa: probabilmente non ci sarebbe stata neppure la rottura del contenitore, quindi nessun danno. Supponiamo però che l’incidente rilasciasse una pari quantità di elementi radioattivi al GPL rilasciato nella realtà: in tal caso l’unico risultato sarebbe stato...la contaminazione radioattiva di un area di terreno di una trentina-quarantina di metri di diametro. Che sarebbe poi stata transennata e bonificata, senza causare manco il raffreddore a un gatto.
7. NUCLEARE CIVILE E MILITARE – La tecnologia nucleare è intrinsecamente dual-use: non è possibile separare le applicazioni civili da quelle militari. Tutti i paesi che hanno realizzato la bomba sono passati attraverso la costruzione di reattori nucleari. La Francia ha un potente arsenale nucleare, che ha assorbito i costi dei programmi civili. La diffusione nel mondo di programmi nucleari aumenterà indubbiamente i rischi di proliferazione militare.
Delirio puro. Per costruire una bomba nucleare, qualunque esperto sa che occorre uranio o plutonio che sia arricchito intorno al 99%, contro il 3-5% di quello per le centrali normali e soprattutto poco irraggiato (a prevalenza di Pu 239, fissile, mentre se troppo irraggiato diventa Pu240 che non è fissile), come quello estraibile dai reattori tipo RBMK (chernobyl) che non a caso presentavano la possibilità di cambio combustibile durante il funzionamento (fonti www.progettoenergia.org sezione chernobyl, wikipedia e altri). Anche tutti i paesi che hanno costruito carri armati sono passati attraverso la costruzione di automobili, camion e trattori e continuano a farlo. E allora? Che cavolo vorrebbe dire?
8. L’ITALIA HA BISOGNO DELLE CENTRALI NUCLEARI? – Non è vero che l’Italia è costretta ad importare energia elettrica dalla Francia: la potenza elettrica installata in Italia era nel 2008 di 98.625 MW, a fronte di un picco di domanda di 55.292 (il massimo storico era stato raggiunto nel 2007 con 56.822 MW), dando luogo alla maggiore eccedenza tra tutti i paesi europei.
Ma certo, ora mi dimostrate che in realtà noi non compriamo l’energia dall’estero ( “Il fabbisogno elettrico complessivo è soddisfatto [...] per il 13,9 per cento dalle importazioni nette di energia elettrica prodotta all’estero”, rapporto sull’energia 2009 http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20100706_00/testointegrale20100706.pdf pagina 7:)!
Il ragionamento è lo stesso dei bislacchi conti di coloro che credono di poter risolvere il problema dell’energia coprendo questo paese di pannelli solari. Certo, coi numeri è facile: fabbisogno energetico 56.822 MW (il picco massimo citato), potenza di un pannello solare 1/8 KW/m2 (http://www.regione.lazio.it/web2/contents/energie_rinnovabili/argomento.php?vms=5 ) => 454576 m2 di pannelli e siamo a posto. La realtà purtroppo è ben diversa, visto che il solare produce quella potenza soltanto di picco, mentre mediamente per l’80% del tempo produce poco o niente!! (qualche prospetto interessante su www.progettoenergia.org, sezione energie rinnovabili).
Ma il nostro sistema elettrico è diventato sempre più inefficiente con le privatizzazioni, e non verrebbe certamente migliorato dall’investimento in centrali elettronucleari.
Questa è bella. L’Italia (http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_delle_centrali_elettriche_presenti_in_Italia ) ha queste centrali, molte delle quali vecchie e ormai obsolete. Ma naturalmente non si riesce a costruirne di nuove, causa soprattutto l’incapacità politica di imporne la costruzione per il bene comune. Così la dotazione di centrali italiane sta invecchiando e, sebbene la potenza installata sia ancora sensibilmente più elevata dei consumi, presto o tardi dovremo costruirne di nuove per star dietro al fabbisogno. A meno di voler comprare sempre più dall’estero, dipendendo politicamente ed energeticamente dagli altri. E secondo voi il problema delle centrali italiane è che sono...privatizzate?
La Francia “svende” energia elettrica nelle ore di calo della domanda, perché il sistema nucleare è rigido e non si adatta alle variazioni di carico; in compenso, in momenti di picchi eccezionali di domanda è costretta ad importare energia elettrica, a caro prezzo, dai paesi confinanti.
Questo è verissimo, anche se naturalmente non è una caratteristica solo del nucleare ma di tutte le fonti termoelettriche, inclusi i combustibili fossili. Ecco perchè l’ideale (come adottato da quasi tutti i paesi civili e molti altri meno civili, www.progettoenergia.org ) è avere un mix di fonti termoelettriche (tra cui il nucleare, come fonte termoelettrica “pulita”) e fonti rinnovabili (tra cui l’idroelettrico, che fornisce una discreta potenza ed è facilmente regolabile per seguire le esigenze di mercato).
9. RIDURREMMO LA DIPENDENZA DAL PETROLIO? – La dipendenza energetica italiana ha ben altre cause. Importiamo quasi tutto il petrolio, che viene utilizzato, con grandi sprechi, in usi in cui non è sostituibile dal nucleare: circa un terzo, per un sistema dei trasporti totalmente sbilanciato sul trasporto su gomma e privato, buona parte per il riscaldamento di edifici costruiti senza isolamento termico, e altre importanti quote per attività produttive energivore, che producono male e in modo inefficiente.
Mix ridicolo di affermazioni corrette e conclusioni fuori luogo. La dipendenza energetica (e dunque politica) italiana dalle fonti fossili è la conseguenza anche dell’eccesso di uso del trasporto su gomma e privato, che con una buona generazione elettrica pulita, efficiente e più economica potrebbe essere portata in buona parte su rotaia, riducendo anche questo problema. Ma naturalmente, con una produzione di energia elettrica legata per il 66,9% a petrolio, carbone e metano (Rapporto mensile TERNA luglio 2010 http://www.terna.it/LinkClick.aspx?fileticket=R3rqQX3srN8%3d&tabid=379&mid=3013 ) il problema è evidente. Anche per quello, con una produzione di energia elettrica più economica e pulita, tutta una serie di attività oggi fatte con il metano potrebbero passare all’elettrico, così come già è in altri paesi (si veda il riscaldamento dei cibi in Francia, ad esempio), con miglioramento della sicurezza di tutti (meno tubazioni di gas in giro, ogni tanto esplode qualche casa e muoiono 2-3 persone ma tanto nessuno ci fa più caso) e riduzione dell’inquinamento e dei costi. Che stiamo aspettando?
10. TRASPARENZA, EFFICIENZA, DEMOCRAZIA NEI LAVORI – La costruzione di centrali nucleari muove quantità enormi di capitali, in gran parte pubblici, ed un loro corretto utilizzo prevedrebbe l’esistenza di un sistema economico e politico di gestione degli stessi assolutamente trasparente. Sappiamo bene che così non è e quanto sia frequente che intermediari senza scrupoli, (quando non addirittura la criminalità organizzata), si inseriscano nell’attribuzione degli appalti in maniera illecita.
Fantastica questa! Sapete che c’è? Se non ci fidiamo di noi stessi per mandare avanti la tecnologia nucleare, allora la stessa cosa si può dire di qualunque altro apparato tecnologico! Quindi che aspettiamo a chiudere anche le centrali idroelettriche (potrebbe sempre succedere un altro Vajont, no? http://www.vajont.net/ )! E gli impianti termoelettrici? Che spargono i loro veleni nell’aria (più o meno...ci sono sempre i filtri e le norme antinquinamento, ma se partiamo dal presupposto che siamo tutti ladri e truffatori...). Poi già che ci siamo chiudiamo anche tutti gli impianti industriali chimici, visto che c’è stato Bhopal (http://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_Bhopal ). Dopodichè torniamo tutti a coltivare la terra vestiti di pelli. No, grazie, ritengo di avere di meglio da fare.
Infine, con l’entrata in vigore della Legge Sviluppo (luglio 2009), lo Stato potrà avvalersi dei poteri sostitutivi nei confronti delle Regioni in materia di energia (aspetto per cui molte Regioni hanno fatto ricorso), equiparando di fatto i siti scelti per le centrali alle aree militari d’interesse strategico. Con grave detrimento dei principi di partecipazione democratica nella condivisione delle localizzazioni.
Oh, poverini. Non ci fanno più scegliere se vogliamo una centrale nucleare dietro casa. E come mai nessuno si preoccupa di farmi scegliere democraticamente se davanti a casa mia sorgerà un palazzo o da qualche altra parte apriranno un’azienda inquinante? Perchè se chiediamo sempre a tutti, ci sarà sempre qualcuno cui non sta bene, quindi non si farà mai più nulla e il nostro paese, già anni indietro rispetto all’estero in termini economici, retrocederà semrpe di più. Il nucleare, ripeto, non comporta nessun rischio o danno ambientale aggiuntivo rispetto a qualunque altra attività, semmai ne comporta meno che qualsiasi altra attività industriale. Allora perchè, di grazia, bisogna sempre coinvolgere la popolazione anche solo quando si parla di nucleare? La vogliamo smettere con questa fobia assurda? Il resto del mondo, sfruttando questa tecnologia, ci ha già superati da anni in competitività e produttività, ed anche in impatto ambientale delle attività produttive. E noi siamo qui seduti a dire “eh no, ma se mi mettono una centrale nucleare dietro casa voglio che mi chiedano il permesso! Per un impianto chimico no, ma per una centrale nucleare sì.”




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