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venerdì 20 maggio 2011

Saluggia e le mistificazioni planetarie di Legambiente

© FOX and its related entities

Il Fatto quotidiano pubblicava domenica 15/5 un articolo (dis)informativo sulla gestione delle scorie nucleari a Saluggia, in Piemonte. L’articolo, derivante da un filmato a regia di Stefano Cavallotto, è un ottimo esempio di mistificazione ambientalista. Vediamolo nel dettaglio.

A Saluggia l’impianto Eurex e il deposito Avogadro contengono l’85% delle scorie radioattive italiane. Sono principalmente in forma liquida e da 30 anni si trovano a due passi dalla Dora Baltea e a 1,5 km dal più grande acquedotto del Piemonte. Secondo molti esperti, i rischi di contaminazione sono enormi. Carlo Rubbia, dopo l’alluvione che nel 2000 sommerse parte dei depositi, affermò che si era sfiorata una “catastrofe planetaria”.

Ecco il primo esempio di mistificazione. Riscrivo lo stesso concetto senza mistificare: “A Saluggia, l’impianto Eurex e il deposito Avogadro contengono l’85% delle scorie radioattive italiane. Parte consistente di esse è in forma liquida, all’interno di contenitori appositi per rifiuti liquidi radioattivi. Per quanto riguarda la sicurezza, tuttavia, la vicinanza della Dora Baltea e del canale Farini portano gli esperti a ritenere che il materiale non sia custodito in condizioni di sufficiente sicurezza, nonostante da 30 anni non si siano verificati rilasci pericolosi di radioattività anche a seguito dell’alluvione del 2000

Prima che qualcuno mi dica che “non è vero che non ci sono stati rilasci”, linko qui il rapporto dell’ARPA sui siti nucleari piemontesi, nel quale si dice che “I valori della contaminazione sono comunque molto bassi e la dose alla popolazione si è sempre mantenuta al di sotto dei limiti fissati dalla normativa vigente”, e “benché cautelativamente la presenza di Cs-137 e di Sr-90 negli alimenti sia stata attribuita in toto agli impianti”  va detto che “i valori di concentrazione di Cs-137 nei suoli [...] sono inferiori al valore medio piemontese e non distinguibili dal contributo dell'incidente di Chernobyl”. Insomma, si tratta di tracce di materiali radioattivi artificiali cautelativamente attribuite in toto agli impianti, ma che sono in quantità inferiore a quella riscontrata in montagna, dove “guarda caso” il fallout di Chernobyl è stato maggiore. Intendiamoci, un minimo di contaminazione c’è stata, ma talmente scarsa da confondersi con ciò che resta dell’incidente di Chernobyl e degli esperimenti nucleari in atmosfera degli anni ’50 e ’60.

Tornando all’articolo, menzione speciale merita la sparata del celebre prof. Rubbia sulla “catastrofe planetaria”. Secondo lui, quindi, tra le catastrofi di probabile portata planetaria, accanto a un asteroide di dimensioni superiori ai 10 km che impatta contro la terra, un terremoto planetario di grado superiore al 9 della scala richter e una guerra mondiale, abbiamo l’allagamento di alcuni bidoni di scorie in un piccolo paesino del piemonte. Strabiliante.
Saluggia ospita anche 5 kg di plutonio: una quantità sufficiente a uccidere 50 milioni di persone.” Questa è la mia preferita! 50 milioni di persone è qualcosa come l’80% della popolazione italiana. Da dove arriva questo numero? Mica avranno usato ciò che dice l’ambientalista nel video (“è sufficiente un decimo di milligrammo di plutonio, se inalato, per uccidere una persona”) per poi dire: 0,1 milligrammi = 1 persona, 5 Kg = 50 milioni di persone! Chi gli spiega che il plutonio è un metallo e che farlo inalare a 50 milioni di persone è virtualmente impossibile, anche mettendosi d’impegno?

Spostandosi a Trino ci si imbatte nella ex centrale nucleare “Enrico Fermi”, ora in fase di smantellamento: un’eredità dell’atomo che pesa sulle bollette degli italiani 400 milioni di euro all’anno.” Certo, eredità che discende dalla brillante idea, da parte degli stessi ambientalisti, di disattivare le centrali che avevamo allora, costate fior di soldoni e non ancora del tutto ripagate. Ora sono inutili monumenti all’idiozia umana, macchine complicatissime e costosissime tenute spente. Congratulazioni.
È inattiva dal 1987, ma continua a rilasciare radioattività, sia in atmosfera che nelle acque del Po.”Altra perla della mistificazione: l’emissione durante l’esercizio è praticamente zero, quella durante il decommissioning “non comparabile” con la fase di esercizio, secondo il già menzionato rapporto dell’ARPA Piemonte. A chi interessasse, ho trovato il rapporto 2003 di ARPA Piemonte su questo tema. Suggerisco anche di dare un’occhiata alla risposta del prof Chiavassa su Scienza Attiva.

Tornando all’articolo:“Nonostante i rischi coi quali la popolazione convive, l’unico piano di emergenza disponibile è tenuto segreto. Ma la Legge Reg. n.5 del 18 febbraio 2010 impone che “la Regione ed i comuni interessati, senza che i cittadini ne debbano fare richiesta, assicurano preventivamente alla popolazione l’informazione sulle misure di protezione sanitaria” ed il comportamento da adottare in caso di emergenza. Un silenzio illegale, quello degli enti locali. Che, ora, ha portato le associazioni Legambiente e Pro Natura a diffidare la Regione Piemonte e i comuni di Trino e Saluggia

Ecco la solita vena complottista che emerge; attenzione però che anche questa non è una bufala, ma una mistificazione della verità. L’autogoal legislativo infatti c’è: in rete, si trova il decreto citato dall’articolo, che dice effettivamente quanto riportato.  Allora qual è l’inghippo?

Tutti gli impianti di stoccaggio e processamento di sostanze chimiche pericolose e tutti i trasporti, su gomma o ferrovia, di materiali tossici, infiammabili o esplosivi (benzina, gasolio, GPL e metano, tanto per citarne alcuni) sono da sempre tenuti a produrre un piano di emergenza.  Come dice il termine stesso, il piano di emergenza prevede una serie di misure da adottare in caso di incidente rilevante, per la gestione della situazione. Invito a verificare di persona, scrivendo semplicemente su google “piano emergenza trasporto metano” ad esempio: le attività a rischio rilevante sono letteralmente migliaia ogni giorno. Ebbene, qualcuno ha mai sentito vagamente parlare di questi piani? No, perchè non ce n’è bisogno! In caso (rarissimo) di incidente, il piano viene semplicemente attuato e la popolazione evacuata. Per chi fosse curioso, qui c’è una copia del piano di emergenza relativo al trasporto di materiale radioattivo in questione.

E allora come mai, quando c’è di mezzo la radioattività, anche pochissima, scatta subito la diffida di Legambiente e Pro Natura al trasporto del materiale? Va bene, allora lo lasciamo lì. Contenti?

1 commento:

  1. avesse letto meglio e/o con maggiore obiettività il pdf avrebbe capito che il documento è alquanto ambiguo nell'indicare chi deve essere avvisato del passaggio, visto che nella catena di distribuzione dello stesso sono inclusi anche i comuni interessati, quindi i cittadini ...

    morale della favola, o i comuni sono informati del fatto che il carico passerà, ma non sanno la data, oppure i comuni sono informati del fatto che il carico passerà e sanno la data ma la nascondono ai cittadini

    francamente entrambi gli scenari mi sembrano abbastanza improbabili, quindi non sarà che la prefettura "dimentica" di inviare le informazioni ad alcuni degli interessati?

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