mercoledì 3 novembre 2010

Il treno dei desideri

Leggo sul blog de Il fatto quotidiano di qualche giorno fa un invito a “far deragliare” il treno del nucleare, cioè a far naufragare l’iniziativa nucleare italiana.
Tanto per cominciare, il primo fatto concreto e comprensibile che si legge nell’articolo arriva non prima del fondo della riga 11 nel terzo capoverso (“Spiegare che si lavora per un prossimo nucleare sicuro significa ammettere che quello attuale non lo è. Ed equivale a impedire che si realizzi un sistema energetico già disponibile, alternativo alle infrastrutture degli affari, decentrato, rinnovabile, integrato nei cicli naturali, governato democraticamente.”). Prima di allora è puro delirio, un minestrone di presunta sapienza infusa di chi scrive, domande lecite cui non viene data risposta (“Perché mai i leader di governo occidentali [...] ridanno attualità al nucleare?”) e dozzinalismo degno del peggior giornalismo-spazzatura (“che dovrebbe piazzare impianti e scorie dalla pianura padana alle coste adriatiche e tirreniche”).
La frase citata come primo fatto concreto deve essere corretta in un paio di punti: prima di tutto c’è il solito concetto distorto di sicurezza. La sicurezza non è un bollino che possiamo mettere su un oggetto, bensì un modo di considerare la tecnologia e di raffinarla per garantire livelli di rischio sempre minori. In altre parole, nessuna tecnologia è “sicura” o “non sicura”, ma esistono gradi differenti di rischio per tutto. L’unica differenza dell’energia nucleare rispetto alle altre tecnologie moderne (in ogni ambito) è che per essa il rischio viene valutato e classificato (e perciò ridotto a soglie considerate “accettabili”), mentre per tutte le altre tecnologie non c’è semplicemente idea di quali rischi comportino.
Il secondo errore è considerare le fonti rinnovabili di energia in alternativa a quella nucleare. È un po’ come chidersi “mi compro un’automobile o una bicicletta?” Risposta: dipende da che uso ne devi fare. Le fonti rinnovabili sono ottime per produrre poca energia con una pronta disponibilità, facilmente regolabile e ideali per coprire i picchi di domanda in modo ecocompatibile. L’energia prodotta dai grandi produttori nucleari e termoelettrici è invece fondamentale per coprire le enormi esigenze quotidiane della gran parte del paese, specialmente quando le fonti rinnovabili, capricciose e incostanti, non sono in grado di produrre (è notte, non c’è vento, ecc).
Per quanto riguarda i costi, sinceramente non ho ben capito il problema: si continua, ovunque, a dire che il nucleare non è più economico (molte fonti sembrano sostenerlo; il discorso è complesso, ci sono ad esempio vantaggi nell’avere il costo molto più legato agli investimenti d’impianto che alle fluttuazioni del costo del combustibile, ma in generale è facile dimostrare che i costi sono assolutamente paragonabili a quelli attuali). Salvo poi sostenere che “non è mai sufficiente ripetere che i prezzi italiani dei consumi domestici [...] sono mediamente inferiori del 4% ai livelli medi europei per consumi popolari.” E quindi? Siamo allineati all’europa sulle bollette, il nucleare ci costa come il termoelettrico...dov’è il problema? Perché non dovremmo cercare di rientrare in un filone di tecnologia che alcuni ecologisti considerano tra le cosiddette energie verdi e che daranno lavoro e energia pulita a costi accettabili?
L’ultima frase è demagogia pura e non c’entra un fico secco con l’energia, salvo l’ultimo aspetto che è già stato commentato.